[aha] L'onda anomala non si fermerà!
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Thu Oct 23 20:31:25 CEST 2008
Appello nazionale, Roma 22.10.2008
L'onda anomala non si fermerà!
Alle facoltà in mobilitazione,
alle studentesse e agli studenti, ai dottorandi, ai precari della ricerca
"Noi la crisi non la paghiamo", è questo lo slogan con cui poche
settimane fa abbiamo iniziato le mobilitazioni all'interno
dell'università la Sapienza. Uno slogan semplice, ma nello stesso tempo
diretto: la crisi globale è crisi del capitalismo stesso, della
speculazione finanziaria e immobiliare, di un sistema senza regole né
diritti, di manager e società senza scrupoli; questa crisi non può
ricadere sulle spalle della formazione, dalla scuola all'università,
della sanità, dei contribuenti in genere. Lo slogan è diventato famoso,
correndo veloce di bocca in bocca, di città in città. Dagli studenti ai
precari, dal mondo del lavoro a quello della ricerca, nessuno vuole
pagare la crisi, nessuno vuole socializzare le perdite, laddove la
ricchezza è stata per anni distribuita tra pochi, pochissimi.
Ed è proprio il contagio che si è determinato in queste settimane, la
moltiplicazione delle mobilitazioni nelle scuole, nelle università,
nelle città, che deve aver suscitato molta paura. Si sa, il cane che ha
paura morde, altrettanto la reazione del presidente del Consiglio
Berlusconi non si è fatta attendere: "polizia per le università e le
scuole occupate", "faremo fuori la violenza dal paese". Soltanto ieri
Berlusconi aveva dichiarato di voler aumentare i sostegni economici alle
banche e di voler fare dello stato e della spesa pubblica garanti in
ultima istanza per i prestiti alle imprese: in una parola, tagli alla
formazione, meno risorse per gli studenti, tagli alla sanità, ma soldi
alle imprese, alle banche, ai privati. Ci chiediamo allora dove si trova
la violenza: è violenta un'occupazione o piuttosto è violento un governo
che impone la legge 133 e il decreto Gelmini, in barba a qualsiasi
discussione parlamentare? E' violento il
dissenso o chi intende soffocarlo con la polizia? E' violento che si
mobilita in difesa dell'università e della scuola pubblica o chi intende
dismetterle per favorire gli interessi economici di pochi? La violenza
sta dalla parte del governo Berlusconi, dall'altra parte, nelle facoltà
o nelle scuole occupate, c'è la gioia e l'indignazione di chi lotte per
il proprio futuro, di chi non accetta di essere messo all'angolo o
costretto al silenzio, di chi vuole essere libero.
Ci è stato detto che sappiamo soltanto dire no, che non abbiamo
proposte. Niente di più falso: proprio le occupazioni e le assemblee di
questi giorni stanno costruendo una nuova università, un'università
fatta di conoscenza, ma anche di socialità, di sapere ma anche di
informazione, di consapevolezza. Studiare è per noi fondamentale,
proprio per questo riteniamo indispensabili le proteste: occupare per
poter far vivere l'università pubblica, dissentire per poter continuare
a studiare o fare ricerca. Molte cose nell'università e nelle scuole
vanno cambiate, ma una cosa è certa, il cambiamento non passa per il
de-finanziamento. Cambiare l'università significa aumentare le risorse,
sostenere la ricerca, qualificare i processi formativi, garantire la
mobilità (dallo studio alla ricerca, dalla ricerca alla docenza). Il
de-finanziamento, invece, ha un solo scopo: trasformare le università in
fondazioni private, decretare la fine dell'università
pubblica.
Il disegno è chiaro, anche gli strumenti: la legge 133 è stata approvata
nel mese d'agosto, di fronte al dissenso di decine di migliaia di
studenti si invoca l'intervento della polizia. Questo governo vuole
distruggere la democrazia, attraverso la paura, attraverso il terrore.
Ma oggi, dalla Sapienza in mobilitazione e dalle facoltà occupate
diciamo che noi non abbiamo paura e di certo non torneremo indietro sui
nostri passi. È nostra intenzione, piuttosto, far retrocedere il
governo: non fermeremo le lotte fin quando la legge 133 e il decreto
Gelmini non verranno ritirati! E questa volta andiamo fino in fondo, non
vogliamo perdere, non vogliamo abbassare la testa di fronte a tanta
arroganza. Per questo invitiamo tutte le facoltà in mobilitazione del
paese a fare la stessa cosa: vogliono colpire le occupazioni e allora
che altre mille scuole e facoltà occupino!
In più, al seguito dello straordinario successo dello sciopero e delle
manifestazioni del 17 ottobre, indetti dai sindacati di base, riteniamo
giunto il momento di dare una risposta unitaria e coordinata nelle
piazze delle nostre città. Proponiamo di dare vita a due scadenze
nazionali: una giornata di mobilitazione per venerdì 7 novembre, con
manifestazioni dislocate in tutte le città; una grande manifestazione
nazionale del mondo della formazione, dall'università alla scuola, a
Roma per venerdì 14 novembre, giornata in cui i sindacati confederali
hanno decretato lo sciopero dell'università, giornata da costruire dal
basso e che veda protagonisti in primo luogo gli studenti, i ricercatori
ed i docenti in mobilitazione. Altrettanto riteniamo utile attraversare,
con le nostre forme e i nostri contenuti, lo sciopero generale della
scuola promosso dai sindacati confederali fissato per giovedì 30 ottobre.
Quello che sta accadendo in questi giorni ci parla di una mobilitazione
straordinaria, potente, ricca. Una nuova onda, un'onda anomala che non
intende fermarsi e che piuttosto vuole vincere. Facciamo crescere
l'onda, facciamo crescere la voglia di lottare. Ci vogliono idioti e
rassegnati, ma noi siamo intelligenti e in movimento e la nostra onda
andrà lontano!
Dalle facoltà occupate della Sapienza di Roma, dall'ateneo in mobilitazione
--
[IIIII] lo|bo
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