[aha] Un camion carico di spranghe
Domenico Quaranta
qrndnc at yahoo.it
Thu Oct 30 16:24:04 CET 2008
DAL SITO DI REPUBBLICA:
Un camion carico di spranghe
e in piazza Navona è stato il caos
La rabbia di una prof: quelli picchiavano e gli agenti zitti
di CURZIO MALTESE
Gli scontri di ieri a Roma
AVEVA l'aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che
vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il
mercatino di Campo dè Fiori colmo di gente. Certo, c'era la
manifestazione degli studenti a bloccare il traffico. "Ma ormai siamo
abituati, va avanti da due settimane" sospira un vigile. Alle 11 si
sentono le urla, in pochi minuti un'onda di ragazzini in fuga da
Piazza Navona invade le bancarelle di Campo dè Fiori. Sono piccoli,
quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi.
Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra.
Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni,
misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla
testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un
ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La
polizia, a due passi, non si muove.
Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi
bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti
nei tricolori. Urlano "Duce, duce". "La scuola è bonificata". Dicono
di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di
destra. Hanno fra i venti e i trent'anni, ma quello che ha l'aria di
essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball.
Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate.
Un'altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo
artistico De Chirico e dell'università di Roma Tre. Un ragazzino di un
istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli
tirano calci. "Basta, basta, andiamo dalla polizia!" dicono le
professoresse.
Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il
funzionario capo. "Non potete stare fermi mentre picchiano i miei
studenti!" protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa
alza la voce: "E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!".
Il funzionario urla: "Impara l'educazione, bambina!". La professoressa
incalza: "Fate il vostro mestiere, fermate i violenti". Risposta del
funzionario: "Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra".
C'è un'insurrezione del drappello: "Di sinistra? Con le svastiche?".
La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che
porta al collo: "Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai
visto un'azione di violenza da parte dei miei studenti. C'è gente con
le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c'entra se sono di
destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire".
Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il
taccuino: "Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra". Monica,
studentessa di Roma Tre: "Ma l'hanno appena sentito tutti! Chi crede
d'essere, Berlusconi?". "Lo vede come rispondono?" mi dice Laura, di
Economia. "Vogliono fare passare l'equazione studenti uguali
facinorosi di sinistra". La professoressa si chiama Rosa Raciti,
insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: "Mi sento
responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di
accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno
dov'è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di
problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi
sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo
allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i
bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare.
Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l'avessi visto, ma
soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto".
Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta
uscendo Francesco Cossiga. "È contento, eh?" gli urla in faccia un
anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la
linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: "Maroni dovrebbe fare
quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno (...) Infiltrare il
movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di
giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del
consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà
sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell'ordine
dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti
all'ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li
fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì".
È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli
altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un'azione
singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla
mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via
Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. "Lei
dove va?". Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto.
Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena
passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: "Non li
abbiamo notati".
Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un
altro: "Arrivano quei pezzi di merda di comunisti!". L'altro risponde:
"Allora si va in piazza a proteggere i nostri?". "Sì, ma non subito".
Passa il vice questore: "Poche chiacchiere, giù le visiere!". Calano
le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza
accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di
studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza
Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco,
concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i
tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro
quelli di destra.
Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti
di scontri non sono pochi, s'affaccia la polizia. Fa cordone intorno
ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l'assalto degli studenti
di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che
stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di
studenti s'avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano
comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né
bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell'Onda di scienze
politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in
ospedale) e la pacifica protesta si ritrae.
A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due
ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie
sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più
una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato
come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto
all'occupazione, s'aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo.
"Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia
a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in
piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a
rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle
cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli
incidenti, giorno dopo giorno passerà l'idea che comunque gli studenti
vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo".
(30 ottobre 2008)
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