[aha] Fwd: Battaglia legale per i diritti degli omosessuali a contrarre matrimonio

Gionatan Quintini gionatan at blankpage.it
Sat May 16 18:42:04 CEST 2009


...e tanto per ribadire quanto giustamente detto da xd (quello vero) ;-)

---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: Maria Teresa Votta <mariateresa at studiolegalevotta.it>
Date: 16 maggio 2009 18.14
Oggetto: Battaglia legale per i diritti degli omosessuali a contrarre
matrimonio
A: Gionatan Quintini <gionatan at blankpage.it>, Livia <
avv.liviacastelletti at tiscali.it>


L'associazione "Avvocatura per i diritti LGBT"
(http://www.retelenford.it) cerca coppie omosessuali disposte ad
intentare azioni legali per vedersi riconosciuto il diritto a
contrarre matrimonio nelle città di Bologna, Modena, Ravenna, Ferrara,
Mantova, Napoli e Cremona.
La tutela legale è gratuita.
Per informazioni e contatti consultare il sito www.retelenford.it per
maggiori informazioni e inviare una mail a info at retelenford.it.

Di seguito articolo sull'ordinanza del Tribunale di Venezia del
4/2/2009 su uno dei casi trattati da Avvocatura LGBT.

***

Matrimonio tra persone dello stesso sesso:
la parola passa alla Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sul diritto degli
omosessuali a contrarre matrimonio grazie dell’azione di alcuni legali
facenti parte dell’associazione “Avvocatura per i diritti LGBT” (www.
retelenford.it), associazione impegnata contro le discriminazioni che
spesso subiscono lesbiche, gay, bisex e trans per via del loro
orientamento sessuale.
La vicenda nasce dal ricorso redatto dall’avv. Francesco Bilotta
presentato da una coppia gay avanti il Tribunale di Venezia contro il
diniego dell’Ufficiale di Stato civile del Comune di procedere alle
pubblicazioni di matrimonio richieste dai futuri sposi, formalità
necessaria per accedere a questo istituto.

Non è più motivo di sorpresa l’unione tra persone di uguale sesso: in
alcuni paesi l’istituto del matrimonio è stato infatti esteso anche
agli omosessuali (Belgio, Olanda, Spagna, Canada, Sud Africa,
California, Norvegia), mentre in altri si sono create figure
giuridiche che differiscono dal matrimonio solo per il nome (Regno
Unito, Germania, Nuova Zelanda).
Di contro in Italia è assente qualsiasi forma di tutela legislativa e,
a fronte della richiesta di pubblicazione pervenutagli, l’Ufficiale di
Stato civile ha motivato il suo diniego sostenendo la contrarietà al
nostro ordinamento giuridico e all’ordine pubblico interno del
matrimonio tra persone dello stesso sesso.
La coppia in questione ha argomentato il suo ricorso sostenendo,
invece, che nel nostro ordinamento giuridico non esiste alcuna norma
che vieti il matrimonio a coppie omosessuali.
Le caratteristiche di questo istituto devono dunque dedursi, in via
interpretativa, dalle disposizioni di legge che ad esso si
riferiscono, tenendo in debito conto l’evoluzione del costume sociale
avutasi negli ultimi anni sia in Italia che all’estero.
Non è vero che il legislatore nell’utilizzare i termini marito e
moglie, contenuti in diverse disposizione del nostro codice civile ha
inteso fare riferimento ad un modello tradizionale di famiglia.
Le espressioni marito e moglie sono mere convezioni verbali pensate ed
utilizzate quando non era neppure concepibile il matrimonio tra
omosessuali; pertanto è profondamente discriminatorio leggerle in
senso restrittivo, ovvero con l’intento di negare a persone dello
stesso sesso il diritto a sposarsi.
Se così interpretate queste norme risultano palesemente
incostituzionali perché contrarie agli artt. artt. 2, 3, 10 secondo
comma, 13, 29, 117 primo comma della Costituzione, oltre che contrarie
a numerose leggi sovranazionali.

Questa in breve la linea difensivi dei due sposi sulla quale il
Tribunale di Venezia ha così deciso.

1) Pur non esistendo un espresso divieto per coppie dello stesso sesso
a contrarre matrimonio, è innegabile che svariate disposizioni di
legge contenute nel nostro codice civile parlino di marito e moglie
indicati come attori della celebrazione e protagonisti del rapporto
coniugale.
Ciò rende impossibile, ad avviso del Tribunale, operare un'estensione
del matrimonio anche agli omosessuali; diversamente si opererebbe una
forzatura non consentita ai giudici che di fatto ignorerebbero una
consolidata nozione di matrimonio inteso per millenni come unione tra
uomo e donna.
Il Tribunale, tuttavia, ha riconosciuto che l'evoluzione della cultura
e della società avutasi negli ultimi decenni ha posto all'attenzione
della collettività la tutela di nuovi bisogni ed esigenze di cui in
passato non si parlava.
Ecco dunque che la nozione tradizionale di matrimonio pare oggi
anacronistica e si pone in netto contrasto con numerosi principi
costituzionali.

2) Innanzitutto con l'art. 2 della Costituzione che garantisce i
diritti inviolabili dell'uomo non solo nella sua sfera individuale ma
anche nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità,
tra cui rientra la famiglia. Lo stato impedendo a persone dello stesso
sesso di sposarsi si ingerisce indebitamente nella sfera privata di
alcuni dei suoi cittadini limitandone l'autonomia e la libertà di
autodeterminazione.
Ciò potrebbe essergli consentito solo laddove vi fosse l'esigenza di
tutelare interessi della collettività prevalenti rispetto ai diritti
degli omosessuali, circostanza, ad avviso del Tribunale di Venezia,
non ravvisabile in questo caso.

3) La scelta di escludere coppie dello stesso sesso dal matrimonio è
poi palesemente discriminatoria, e quindi contraria all'art. 3 della
Costituzione, poiché crea irragionevoli disparità di trattamento tra
cittadini: ciò appare evidente laddove si raffronti la situazione
degli omosessuali con quella dei transessuali che, grazie alla legge
n. 164/1982, possono sposarsi dopo avere mutato il loro sesso.

4) E' ravvisabile, inoltre, un netto contrasto con l'ordinamento
comunitario, cui il nostro legislatore deve attenersi in base all'art.
117 primo comma Costituzione, ed in particolare con la Convenzione per
la Salvaguardia dei diritti dell'uomo e con la Carta di Nizza.

5) Il Tribunale di Venezia si sofferma anche sul contenuto ed il
significato da attribuire all'art. 29 della Costituzione che afferma
che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti della famiglia come
“società naturale fondata sul matrimonio”, precisando che per società
naturale non deve intendersi la famiglia tradizionale. L'art. 29 della
Costituzione, ad avviso del Tribunale, non ha mai avuto la vocazione
di difendere l'idea tradizionale di famiglia come si evince dai
profondi mutamenti che l'istituto del matrimonio ha subito nel corso
degli anni.

E' su queste argomentazioni che la Corte Costituzionale dovrà
pronunciarsi, intervenendo su una spinosa materia che forse era
compito del nostro legislatore, attualmente disattento e poco
coraggioso, affrontare, seguendo l'esempio di altri paesi europei.

Avv. Maria Teresa Votta
Avv. Livia Castelletti
(Avvocatura per i diritti LGBT – Rete Lenford)
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