<table cellspacing="0" cellpadding="0" border="0" ><tr><td valign="top" style="font: inherit;"><DIV>60 anni prima. in Italia.</DIV>
<DIV>F. T. Marinetti, "Contro i professori", 1910</DIV>
<DIV> </DIV>
<DIV>56 anni prima. in Italia.</DIV>
<DIV>Giovanni Papini, "Chiudiamo le scuole", 1914</DIV>
<DIV> </DIV>
<DIV><BR>--- <B>Gio 14/8/08, gadda1944 <I><gadda1944@libero.it></I></B> ha scritto:<BR></DIV>
<BLOCKQUOTE style="PADDING-LEFT: 5px; MARGIN-LEFT: 5px; BORDER-LEFT: rgb(16,16,255) 2px solid">Da: gadda1944 <gadda1944@libero.it><BR>Oggetto: Re: Re: [aha] vi giro - LA FINE DELL'ANTROPOLOGIA<BR>A: "aha" <aha@ecn.org><BR>Data: Giovedì 14 agosto 2008, 15:42<BR><BR><PRE>Ivan Illich, "Descolarizzare la società. Per una alternativa
all'istituzione scolastica" [1970], ed. it. Mondadori 1972, non so se
è ancora disponibile...
Un ottimo antidoto contro tutte le illusioni sulla didattica e sul ruolo
"progressivo" delle scuole.
Faccio i miei migliori auguri ad Alessio, ma tutte le università ormai,
pubbliche o private (e non parliamo delle accademie), si stanno trasformando in
qualcosa di molto simile a un super-IED, cioè scuole professionali di alto
livello che addestrano gli studenti a diventare marchettari. Che poi è quello
che in fondo vogliono loro per primi (con le debite ma ahimé ininfluenti
eccezioni)...
gadda
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>From : aha-bounces@ecn.org
To : aha@ecn.org
Cc :
Date : Thu, 14 Aug 2008 16:49:57 +0200
Subject : Re: Re: [aha] vi giro - LA FINE DELL'ANTROPOLOGIA
> Salve prof, salve a tutti...
> io mi ritrovo perfettamente in quello che ha detto, e ci terrei a fare
> delle considerazioni da un punto di vista di studente.
> Anche perché l'aspetto della didattica mi interessa molto,
> e sto lavorando ad un progetto che riguarderà alcuni di voi e di cui
> avrete notizia nelle prossime settimane.
>
> Sento molto presente l'ottica puramente lavorativa un po in tutte
quelle
> istituzioni dove vengono professate
> quelle che possono essere chiamate "arti applicate". Ma in
particolar
> modo sento questo presente in NABA,
> sia nelle sue logiche di funzionamento ma soprattutto nell'approccio
che
> osservo nella maggior parte degli studenti.
> Un approccio che ho visto sempre più stimolante in accademie pubbliche.
> In cui, nel bene o nel male, mi sembra esserci più interesse verso una
> teoria non funzionale ad un lavoro,
> ma funzionale ad una crescita personale, e a mio avviso,
> conseguentemente al lavoro.
> E' stato anche questo uno dei motivi per cui (a causa di un
particolare
> percorso di studi...) il prossimo anno probabilmente
> non rimarrò in NABA, ma andrò in un' accademia pubblica.
>
> Per me è chiaro che in una concezione capitalistica (con accezione ne
> positiva ne negativa...)
> siano gli studenti/domanda a determinare i docenti/offerta. Per cui non
> mi stupisco,
> e forse sarebbe anche giusto (ne senso che uno studi quello che vuole)
> se non fosse solo l'antropologia a sparire, ma tutte le materie
teoriche
> in determinati contesti accademici.
> Per cui per me il problema è alla radice, e queste sono solo dinamiche
> naturali.
>
> Ad ogni modo, secondo me, a parte le posizioni di "élite", vedo
una vera
> urgenza
> nello stimolare l'approccio critico negli studenti, che cresciuti in
una
> cultura puramente televisiva,
> hanno una totale passività nei contenuti/forme che gli vengono proposti.
>
> Per quanto riguarda l'alienazione non sono pienamente concorde con il
> suo discorso.
> Penso che raggiungere uno stato di buona consapevolezza possa solo
> alimentare l'alienazione
> nei confronti del mondo e dei meccanismi degli ambiti professionali e
> sociali.
> La consapevolezza da comunque una possibilità di scelta nel mondo..
> Ma del resto, c'è chi sceglie di non scegliere e di non farsi
domande,
> che è sicuramente la soluzione più comoda.
>
> Non ero presente all'intervento di Paolo Rigamonti, ma penso di aver
> capito la sua posizione,
> e al condivido pienamente. In alcune circostanze, i workshop possono
> essere esperienze molto utili
> anche da un punto di vista didattico. E' vero che molte situazioni
sono
> strutturate su una formazione
> nozionistica, e frammentaria, cosa non sbagliata in se (a mio avviso) ma
> il multitasking lo lascerei fare ai computer.
> Penso che un filo logico molto forte sia importate.
> Trovo illuminante la posizione espressa da McLuhan ormai quaranta anni fa,
> in cui affermava che le scuole sono "penitenziari intellettuali"
e che
> l'istruzione dovrebbe essere semplificata.
> Concetto che si potrebbe ampliare anche alle concezioni estetiche e di
> information design più attuali...
> Per cui non amo particolarmente i corsi/minestrone in cui non puoi
> ampliare le ricerche, ma le devi filtrare.
>
> grazie per la pazienza
>
>
> Alessio Chierico
>
>
>
>
> --
>
>
> o0 pAt 0o
>
>
>
> http://chierico.altervista.org
> http://bloggo.oziosi.org/pensieri
>
> "Non c'è nulla che sia dotato di vita - dall'uomo, che ha
reso schiavi
> gli elementi, alla più agile creatura - in tutto questo pianeta che non
> oscilli durante una rotazione. Ogni volta che un'azione sia generata
da
> una forza, anche infinitesimale, il bilancio cosmico viene alterato ed
> il moto universale ne risente degli effetti." (Nikola Tesla)
> > Message: 1
> > Date: Wed, 13 Aug 2008 11:56:51 +0200
> > From: "francesco monico" <francescomonico@gmail.com>
> > Subject: Re: [aha] vi giro - LA FINE DELL'ANTROPOLOGIA
> > To: "List on artistic activism and net culture"
<aha@ecn.org>
> > Message-ID:
> >         <9629acde0808130256of2ac153o56a6bc05c81153d7@mail.gmail.com>
> > Content-Type: text/plain; charset="windows-1252"
> >
> > La lettera di Massimo Canevacci mi era stata inoltrata circa un mese
fa e
> > l'avevo inoltrata all'attenzione del Consiglio Accademico
della NABA, con
> > mia grande sorpresa al posto di riscuotere l'unanime consenso dei
direttori
> > delle singole Scuole (Design, Moda, Graphic Design & Art
Direction,
> > Scenografia, Arti Visive, Media Design e Arti Multimediali, Design
della
> > Comunicazione) ha letteralmente spaccato il consiglio. Infatti il
> > sottoscritto (e la Direzione NABA) appoggiava apertamente la
posizione di
> > Canevacci mentre altre didattiche ne criticavano il contenuto.
> >
> > Che dire? In qualità di Direttore della Scuola di Media Design &
Arti
> > Multimediali cerco quotidianamente di mantenere (e rinforzare) gli
> > insegnamenti critico teorici, per questo ho invitato a diventare
parte del
> > corpo docente Naba importanti pensatori critici in grado di
strutturare
> > percorsi teorici come Antonio Caronia, Pierluigi Capucci, Derrick De
> > Kerckhove, Marco Scotini e giovani come Marco Mancuso, Lorenza
Pignatti
> > (...), e abbiamo invitato come speaker personaggi dei new media
italiani
> > come Tommaso Tozzi, Paolo Pedercini, Tatiana Bazzichelli, Donatella
della
> > Ratta, Giacomo Verde e internazionali come Roy Ascott, Jill Scott,
Marcos
> > Novak, Jens Hauser, Natasha Vita More, Roger Malina... La cosa
interessante
> > è il totale disinteresse verso questi personaggi da parte di
affermati
> > professionisti italiani della 'creatività' (sic!). Infatti
in questi
> > incontri non ho mai visto nessuna delle firme della creatività e del
design
> > presenti a milano o in accademia.
> >
> > Oggi esiste un 'discorso forte' che cerca di focalizzare
tutta la
> > preparazione degli studenti su una ipotetica ricaduta lavorativa, la
> > didattica viene gisutificata dai numeri degli inscritti e i meriti
del corpo
> > docente ridotti agli apprezzamenti degli stessi studenti. La
situazione
> > rischia di diventare pesante, infatti qualsiasi persona coerente sa
che non
> > è possibile insegnare un mestiere in tre anni o in due, e che
sopratutto non
> > è importante saper fare ma bisogna sapere pensare per potersi
adattare
> > criticamente ai vari scenari che si presenteranno nel mondo del
lavoro
> > (sopratutto in un epoca di grande accelerazione tecnologica come
questa).
> > Importante è gestire l'alienazione nel lavoro e nella vita
attraerso una
> > base storico-critica che ci permetta di desumere dei modelli ai quali
> > appartenere.
> >
> > Credo che per i giovani sia oggi fondamentale venire in possesso di
> > strumenti critico-metodologici che gli permettano di districarsi e di
> > aggiornare il loro pensiero in un'epoca di grande mutamemento
come quella
> > bellissima che stiamo vivendo. Ma esiste una tendenza a ridurre la
didattica
> > a workshop che sono molto comodi, infatti durano poco, costano poco,
hanno
> > risultati concreti e visibili e riempiono le università accademie di
> > 'visiting professor' magari conosciuti con cui fare
comunicazione.
> > Quest'onda sembra avere le coordinate del design e delle arti
visive? Si può
> > dire? Non so, certo che al convegno New Media Education &
Research 2008 uno
> > degli interventi più interessanti (oltre a quello di Caronia, ndr)
è stato
> > quello di Paolo Rigamonti sull'evanescenza del modello workshop.
> > se volete dare un occhio:
> >
http://www.francescomonico.com/m-node/newmediaeducation/mnode_newmediaeducation.html
> > (scusate l'indirizzo ma è un mirror perché il sito orginale è
giù per un
> > comportamento imbarazzante di tiscali)
> >
> > Ecco noi ci siamo attrezzati con il convegno che, inspirato su un
modello
> > realizzato nel 2007 da Tommaso Tozzi, vorrebbe dare un contributo
alle
> > problematiche della pedagogia e della didattica dell'alta
formazione
> > artistica.
> >
> > Idealmente anche in risposta alla lettera di Canevacci.
> >
> > Qualsiasi consiglio, pensiero, critica è il benvenuto
> >
> > Francesco Monico
> >
> >
> >
> >
> >
> > Il giorno 12 agosto 2008 12.28, synusia <synusia@libero.it> ha
scritto:
> >
> >
> >> ve la giro come luogo di riflessione - e del resto quello che
riguarda
> >> massimo canevacci non potrebbe che essere cosí. una mente fuori
dal
> >> comune...ok - sono certa sara' di vostro interesse.
> >>
> >> a presto synusi@ cyborg
> >>
> >>
> >>
> >> Lettera aperta per la Facoltà di Scienze della Comunicazione
> >> dell'Università "La Sapienza" di Roma
> >> Massimo Canevacci
> >>
> >> Le nuove scelte didattiche della Facoltà di Scienze della
Comunicazione
> >> dell'Università "La Sapienza" mi impongono di
rendere pubbliche alcune
> >> perplessità, poiché, a fronte di un'indubbia crisi
dell'ordinamento
> >> triennale, si è deciso di ristrutturare l'ordine degli studi
secondo una
> >> visione della
> >> comunicazione restaurativa e schiacciata sull'esistente.
> >> In tal modo, la scienza della comunicazione rischia di ridursi a
una
> >> preparazione professionale di taglio giornalistico; le
connessioni
> >> sperimentali e trans-disciplinari con quanto emerge nella
comunicazione
> >> digitale (estesa tra design, architettura, pubblicità,
performance, musiche,
> >> moda, arte ecc.) spesso risultano incomprese, "non
controllate" o
> >> neutralizzate in "tecniche"; e vengono ignorate, di
conseguenza, quelle
> >> ricerche che stanno tentando
> >> modificare paradigmi espositivi, composizioni espressive,
narrazioni
> >> multisequenziali.
> >> Tale tendenziale rinchiudersi della comunicazione dentro un
giornalismo
> >> asfittico e un'apologia dei media impoverisce la Facoltà,
trasforma i
> >> docenti in funzionari dell'"industria culturale",
addestra gli studenti alla
> >> rinuncia
> >> all'innovazione e all'assenso disciplinato, chiude alle
nuove
> >> professionalità che attraversano visioni, stili, linguaggi, è
indifferente
> >> alle prospettive che
> >> nelle università estere da tempo vengono applicate in questo
ambito (si
> >> veda il ruolo dell'antropologia culturale nei Media Studies
in tante
> >> università estere - MIT, Humboldt Universität, Escola de
Comunicação e
> >> Arte). Tutto questo
> >> rischia di configurare provincialismo disciplinare, endogamia
mass-mediale,
> >> diffidenza dell'emergente, sottrazione delle potenzialità
digitali.
> >>
> >> La materia che ho insegnato per più 20 anni - Antropologia
Culturale,
> >> materia fondamentale per gli studenti di primo anno - è stata
soppressa,
> >> mentre a Roma, in Italia e ovunque, sarebbe necessario
moltiplicare le
> >> ricerche con
> >> questo orientamento, per contrastare le pericolosissime onde
razziste, le
> >> chiusure localistiche, i decisionismi verticistici, le grettezze
mediatiche.
> >> Si è preferito, invece, puntare su materie
"classiche" (diritto e storia),
> >> eliminando la prima delle tre discipline fondamentali delle
scienze sociali
> >> (antropologia, sociologia, psicologia). Il docente che la
insegnava viene
> >> "esiliato" al terzo anno del corso di laurea di
Cooperazione e Sviluppo, con
> >> una materia denominata Comunicazione Interculturale. Già nel
titolo del
> >> corso si esprime la continuità di un dominio neo-coloniale
dell'Occidente
> >> verso un mondo "altro": che la "cooperazione"
sia focalizzata a dare aiuti
> >> economici ai
> >> laureandi e ai rispettivi Paesi di residenza, piuttosto che
all'"altro",
> >> dovrebbe essere ormai evidente; e sulla critica al concetto di
"sviluppo"
> >> sono stati scritti così tanti saggi prima e dopo il '68 che
è noioso solo
> >> ricordarlo. Quindi si crea una materia come Comunicazione
Interculturale,
> >> che
> >> fin dal nome rafforza chiusure identitarie e culturali,
regressioni
> >> scientifiche e formative, che purtroppo appaiono in sintonia con
quelle
> >> politiche da "lega romana" adeguate al clima imperante,
in cui un
> >> cattolicesimo appiccicoso cerca di controllare governi e
opposizioni,
> >> atenei, facoltà,
> >> docenti.
> >>
> >> I riferimenti cui la mia cattedra si è ispirata sono collocati,
tra gli
> >> altri, nel filone antropologico inaugurato da Gregory Bateson:
che, a
> >> partire dalle
> >> sue ricerche anticipatrici a Bali, hanno permesso di elaborare il
doppio
> >> vincolo, concetto tra i più straordinari applicato sia alla
comunicazione
> >> "normalmente" psico-patologica che ai mass media
nascenti; fino alla sua
> >> collaborazione con Wiener per le primissime ricerche sulla
cibernetica.
> >> Anziché dedicarsi a santi e madonne, processioni e proverbi -
temi troppo
> >> spesso
> >> esclusivi nell'insegnamento di questa materia da noi - la
ricerca
> >> antropologica di Bateson si inserisce nei flussi già
all'epoca emergenti di
> >> comunicazione, tecnologia, alterità.
> >> Infine, questa lettera non rivendica nulla di personale (vado in
pensione
> >> dal prossimo anno e lascio quindi questa Facoltà). Essa esprime
un
> >> posizionamento politico-culturale che individua, nella crisi
crescente e
> >> apparentemente
> >> irreversibile della Facoltà di Scienze della Comunicazione, un
problema su
> >> cui indirizzare la riflessione critica nell'interesse di
docenti, studenti,
> >> impiegati: di chiunque viva e respiri l'aria di
un'università che cerchi di
> >> dare senso ai futuri possibili e non si limiti a replicare il
peggio dei
> >> presenti mediatizzati.
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