Inoltro contributo di Uniriot a seguito delle giornate di torino contro il g8 University Summit. <br><div class="gmail_quote"><div>
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<b><i>Editoriale <a href="http://uniriot.org" target="_blank">uniriot.org</a> e articolo sul Manifesto 21/05</i></b><br><h2><font style="font-size: 20pt;" size="5"><a href="http://www.uniriot.org/uniriotII/index.php?option=com_content&view=article&id=540:la-rivolta-di-torino-&catid=87:editoriali&Itemid=281" title="La rivolta di Torino " target="_blank">La rivolta di Torino </a></font></h2>
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<div style="float: left; width: 290px;"><img title="L'Onda è autonomia" align="left" border="0"><br><br></div>L'Italia
è davvero un paese insopportabile e questo non tanto perché a
governarlo c'è una solida maggioranza razzista e neocon, una
maggioranza radicata nel tessuto produttivo, imbattibile nella scena
mediatica, ma soprattutto per la mediocrità della sua opposizione.
Un'opposizione senza coraggio né passioni. Basta leggere i giornali di
oggi, meglio la Repubblica, o leggere le dichiarazioni di Franceschini
per fare questa breve considerazione.<br><br>Quando sono esplosi gli
studenti greci, al seguito dell'omicidio del povero Alexis, Ilvo
Diamanti ha scritto per Repubblica analisi per nulla banali sul tratto
comune della nuova generazione in lotta: dalla Francia all'Italia,
dalla Grecia alla Spagna ‒ parafrasando le parole di Diamanti ‒ una
generazione estranea al patto sociale alza la testa e pretende di
riavere indietro il futuro che la precarietà le ha sottratto. Nelle
scorse settimane, mentre in Francia venivano sequestrati i manager,
Bernardo Valli ha dedicato pagine importanti all'anomalia d'oltralpe.
<br>Il radicalismo francese è una sorta di modello da coccolare per la
sinistra italica, sempre utile per ricordare a Berlusconi che anche la
destra neocon più raffinata, quella di Sarkò, è tutt'altro che al
sicuro. Poi Londra e l'assedio della City: per la prima volta capita di
leggere Ezio Mauro e Massimo Giannini che si spingono a giustificare la
rabbia anti-banche. Certo entrambi condannano la violenza, ma
ratificano la necessità di un nuovo patto sociale contro la crisi.
Aggiungo infine un elemento non marginale. L'Italia è un paese in cui
le sue sinistre celebrano da quasi mezzo secolo i fasti del sessantotto
studentesco. Un sessantotto senza operai e senza rivoluzione,
indubbiamente, educato e pieno di buona società, comunque anno
straordinario e senza pari. Nel sessantotto romano spicca un'esperienza
che nessun politico della sinistra italica ha mai ripudiato: Valle
Giulia. <br><br>Quanto accaduto ieri a Torino non si discosta molto,
nella sostanza materiale, dai fatti di quarant'anni fa, così come,
seppur con molte differenze, dalle rivolte greche e francesi. Ma
ripercorriamo, fuori dalle menzogne giornalistiche, gli eventi
torinesi. Almeno 10.000 studenti si mettono in corteo, giunti da tutta
Italia, oltre che dalle facoltà torinesi. Desiderio condiviso da tutti
è quello di violare la zona rossa, per dire basta a città militarizzate
e per opporsi alle riforme universitarie. Migliaia di studenti
dell'Onda hanno messo da parte la paura, quella propria della
solitudine, e con il coraggio intenso dell'esperienza collettiva hanno
provato a camminare, nonostante la polizia in assetto antisommossa
cingesse d'assedio il castello del Valentino. Scudi di plexiglass e
caschi a proteggere la propria testa dai tonfa. Poi le cariche, già
violente il giorno prima. Manganelli, ma soprattutto tanti lacrimogeni,
quelli al Cs di genovese memoria, come Mortola. Poi la difesa, agita
tutti assieme, senza alcuna separazione tra buoni e cattivi. Immediata
la gestione giornalistica: no global e violenti prendono l'Onda in
ostaggio. Corriere e Repubblica sostanzialmente omogenei, per la prima
volta da settembre.<br><br>Occorre dirlo a voce alta, in questo paese
di razzisti e codardi, ieri migliaia di studenti dell'Onda hanno alzato
la testa, nei confronti di chi alla contrattazione sociale ha
sostituito l'autoritarismo. Dopo mesi di lotte gli studenti italiani
hanno ricevuto porte chiuse e manganelli. Da che parte sta la violenza,
quella vera, quella del potere cieco e sordo? Ieri a Torino c'era solo
indignazione, forte e ragionevole.<br><b><br>Francesco Raparelli, Dottorando di ricerca in Filosofia politica</b><br><i>articolo in uscita domani 21 maggio sul Manifesto </i> <br><i> </i><br><a href="http://www.uniriot.org/uniriotII/index.php?option=com_content&view=article&id=541:la-governance-universitaria-e-una-tigre-di-carta-sulla-forza-dellonda-e-la-violenza-della-crisi-&catid=87:editoriali&Itemid=281" target="_blank"><br>
<br></a><h2><a href="http://www.uniriot.org/uniriotII/index.php?option=com_content&view=article&id=541:la-governance-universitaria-e-una-tigre-di-carta-sulla-forza-dellonda-e-la-violenza-della-crisi-&catid=87:editoriali&Itemid=281" target="_blank">
                        La governance universitaria è una tigre di carta. Sulla forza dell’Onda e la violenza della crisi</a>         </h2><br><div style="float: left; width: 290px;"><img title="l'Onda è tornata ed è ancora più incazzata" align="left" border="0"><br>
<br></div><i>Editoriale
Uniriot</i> - Che i media non siano più semplicemente al servizio della
politica ma facciano politica, è ormai una verità assodata. Ma che
perciò debbano anche farsi rappresentanti della genuina essenza di chi
si oppone allo stato di cose presenti, ovvero dei movimenti, questo è
un elemento nuovo. Così, dal Corrierone nazional-aziendale alla Stampa,
nota “busiarda”, nel grande spazio conquistato dalle mobilitazioni
contro il G8 di Torino i giornalisti non si limitano ad evocare i triti
spettri maroniani del terrorismo e dunque ad invocare la mano pesante
contro gli studenti, in quella spirale di “fobia anti-giovani”
descritta da Lucia Annunziata proprio sul quotidiano di casa Fiat: si
fanno interpreti del vero significato dell’Onda, tradito dal corteo del
19 maggio. Si mostrano addirittura dispiaciuti nel dover chiamare Onda
quella manifestazione. Arrivano perfino a dichiarare una qualche
proprietà sul logo, tale per cui possono attribuire l’etichetta a chi
ne proseguirebbe il vero spirito: quello della proposta e non della
protesta, della sostenibilità e non dell’incompatibilità, della
rappresentanza e non dell’autonomia. Poco conta se i “buoni” sono poche
decine e i “cattivi” molte migliaia. Nelle forme della produzione
contemporanea, si sa, non c’è più misura. E, soprattutto, non c’è
nessun imbarazzo a parlare nel nome di un’Onda astratta e disincarnata,
per poter controllare e reprimere quella reale.<br><br>Già, perché questa è la grande vittoria della mobilitazione di
Torino. Aver finalmente messo a tacere chi da mesi si affanna a parlare
di riflusso e di fine di un ciclo, con l’unico obiettivo – nella
classica veste della profezia che si autoavvera – di poter scongiurare
il pericolo e catturarne il portato politico nei meccanismi della
rappresentanza. Ma lungi dalla risacca, negli ultimi mesi l’Onda ha
sedimentato i percorsi di autoformazione e costruito l’autoriforma,
cifra paradigmatica di una nuova università. Sarebbe bastata
un’occhiata all’età media estremamente bassa della composizione del
corteo di Torino, con i molti studenti medi e dei primi anni di
università arrivati da tutta Italia, per rendersi conto che autoriforma
e conflitto non solo non sono alternative, ma sono una la condizione di
possibilità dell’altro.<br>Ma chi esaurisce gli argomenti, è spesso
costretto alla menzogna. A cui si aggiunge l’imbarazzo, in alcuni media
di sinistra, per un’Onda che non si fa ridurre al vuoto simulacro dei
buoni sentimenti, per incarnarsi invece in un desiderio collettivo e in
un processo di lotta. Che rifiuta il ruolo di vittima, e afferma
l’autonomia nel decidere sul proprio presente e sul proprio futuro.
Che, in migliaia, resiste alle cariche di polizia e carabinieri, e
compattamente e gioiosamente torna all’università per continuare a
praticarvi l’autoriforma. E perché non soffermarsi, ad esempio, sui
tanti abitanti di Torino che hanno lanciato dai balconi acqua e limoni
ai manifestanti per proteggersi dalla pioggia di lacrimogeni, e hanno
aperto i portoni per offrire loro rifugio dalla brutalità vendicativa
della polizia? Non si tratta di simpatia verso la “meglio gioventù”: è
la percezione di una crisi che è solo all’inizio, della fine di ogni
illusione di mobilità sociale ascendente, dell’intollerabilità
dell’ulteriore attacco ai salari e ai redditi di lavoratori e precari
per salvare imprenditori, baroni e banchieri. È il rifiuto della
politica dei sacrifici. È la forza dell’Onda Anomala: farsi terreno
comune di una composizione sociale che non vuole pagare la crisi.<br>Ecco,
è questo che spaventa governo e media di fronte a questo nuovo
proletariato intellettuale: la capacità di parlare la lingua della
parzialità e della generalizzazione. Ed è questo che spaventa
l’opposizione, che pervicacemente persevera negli antichi errori che
l’hanno portata nel coma vegetativo in cui oggi versa. Così, il Pd
piemontese esprime la sua solidarietà alle forze dell’ordine, incurante
del fatto che a guidarle fosse Spartaco Mortola, uno degli impuniti
carnefici dell’irruzione alla scuola Diaz il 21 luglio 2001, promosso a
questore vicario di Torino. Se l’opposizione vuole parlare di regime
berlusconiano, abbia il coraggio di dire che la sua data di inizio non
è la corruzione di Mills o la candidatura delle veline, ma il sangue di
Genova. È quella la violenza da cui devono avere il coraggio di
prendere le distanze, quella stessa violenza che Maroni e Pdl usano nei
rimpatri dei migranti. La violenza di un sistema tanto più feroce
quanto più è assediato in un castello medioevale. Se non troveranno
questo coraggio, foss’anche quello della disperazione, dopo aver
consegnato il governo del paese nelle mani della Lega e di Berlusconi
sono destinati a sparire.<br>E quelle file e file di caschi che gli
studenti avevano?”, chiederà sicuramente un bravo giornalista. C’è una
legge dello Stato che ne impone l’obbligo per salvarsi la vita, e
fronteggiare le cariche selvagge e il gas CS delle truppe di Mortola è
sicuramente più pericoloso di qualsiasi scooter. Ma con quei caschi le
migliaia di studenti e precari a Torino hanno difeso qualcosa di ancora
più importante: non la democrazia di cui si vorrebbe affidare ai
giudici la restaurazione, ma la democrazia che l’Onda sta inventando e
praticando. Quella che parla di nuovo welfare, di reddito, di
riappropriazione della ricchezza sociale. Prendere le distanze dalla
violenza, significa appoggiare la forza costituente dell’Onda. Tutto
ciò prima che – almeno per loro – sia troppo tardi.<br><b><br>Gigi Roggero</b><br><br><br><br><br></div><a href="http://messenger.it/gioca.aspx" target="_blank"></a><br><hr>Chiamate gratis da PC a PC? <a href="http://messenger.it/videoconversazioni.aspx" target="_blank">Provale da Messenger!</a></div>
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