'ngiorno!<br><br>2009/6/29 Massimo Menichinelli <span dir="ltr"><<a href="mailto:info@openp2pdesign.org">info@openp2pdesign.org</a>></span><br><blockquote class="gmail_quote" style="border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; padding-left: 1ex;">
Penso che il termine P2P Design sia ben specifico e andrebbe utilizzato<br>
per quei progetti che hanno l'obiettivo di facilitare e replicare<br>
dinamiche sociali P2P (avete presente il lavoro di Michel Bauwens e<br>
della P2P Foundation?).<br>
</blockquote><div><br>
[....]<br>
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</div><blockquote class="gmail_quote" style="border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; padding-left: 1ex;"><br>
Il termine Open Design invece andrebbe utilizzato per quei progetti che<br>
vengono distribuiti con licenze "open", e che si avvalgono di sistemi<br>
distribuiti per la progettazione, condivisione e produzione (fabbing).<br>
L'esempio migliore è OpenMoko, uno smartphone che è al contempo open<br>
design, open source software, open hardware.<br>
<a href="http://www.openmoko.com/" target="_blank">http://www.openmoko.com/</a></blockquote><div><br>
[....]<br>
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</div><blockquote class="gmail_quote" style="border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; padding-left: 1ex;"><br>
<br>
Bè, poi ci sarebbe l'Open P2P Design che è stata la mia proposta di tesi<br>
e su cui sto sviluppando il progetto <a href="http://openp2pdesign.org/" target="_blank">openp2pdesign.org</a><br>
La proposta è quella di una metodologia che attraverso un<br>
processo e progetto aperto (Open) si facilitino delle comunità in un<br>
territorio nella auto-organizzazione con dinamiche Open e P2P.</blockquote><div> </div>
<br>sì, concordo con le distinzioni sui termini. e ci aggiungo un pezzetto.<br><br>che consiste nel rilevare come sia interessante, oltre alla possibilità/opportunità tecnica di realizzare processi di P2P/Open Design (sia per la disponibilità di tecnologie che per l'attenzione che riscuote in questo periodo), è interessantssimo fare un ragionamento sul "ritorno dei corpi" di cui a vario titolo stiamo discutendo da un po' di tempo.<br>
<br>una cosa molto bella di tutte queste tecnologie è anche la meno utilizzata, a conti fatti: mettere al centro le persone attraverso la disponibilità di spazi liberati, tra un codice e l'altro.<br><br>Questo, se ci guardiamo intorno, è proprio quello che *non* sta succedendo, grazie agli accentratori come facebook & C. (ma anche e soprattutto ikea, i nostri governi e le loro politiche culturali, i produttori di energia, di automobili, di case..) , che propongono una versione di plastica, in scatola, e con tanti fiocchetti e telecamere di quel che invece potrebbe essere.<br>
<br>e tutte le strade che portano invece all'altro modello, passano per le modalità p2p, per la emersione dei corpi (invece che dei profili e delle lineette che li uniscono), per la creazione di modelli sostenibili per le persone (economicamente, socialmente, cognitivamente, nel rispetto all'ambiente).<br>
<br>un grosso "problema" di questo pezzo di realtà che descrivo (che altri sapranno naturalmente spiegar con maggior rigore di me) c'è una enorme distanza tra la creazione di strategie e la loro applicazione.<br>
<br>che si basa per una buona parte sia sul possesso delle infrastrutture (sia di comunicazione che di produzione), sia sulla netta divisione tra gli strati progettuali e quelli implementativi.<br><br>cosa che, fino ad oggi, il design rappresenta ampiamente. Con tutti i tentativi ed esperimenti del caso, il design definisce la divisione tra progettazione e produzione. che è un disastro.<br>
<br>quindi, se proprio si dovesse pensare a cambiare una parola, sarei quasi più contento di cambiare la parola "Design" piuttosto che "P2P". :)<br><br>quantomeno per dare l'idea della creazione nettamente "nuova" di una cosa che in qualche modo assomiglia al design, ma che in pratica è completamente differente.<br>
<br>per come la posso vedere io la strada interessante è quella: rilevare come gli strumenti disponibili posono permettere di creare spazi liberati in cui i corpi possano interagire tra loro per progettare e produrre, in modi sostenibili economicamente, socialmente, cognitivamente e ecologicamente. <br>
<br>Gli strumenti di questa "cosa" sono (per quel che si può vedere adesso e immaginando un pezzetto di futuro) le reti (tendenzialmente p2p), le piattaforme software opensource, la possibilità di distribuire conoscenze, idee e contenuti senza copyright inteso in senso classico (ed anche il creative commons non è poi così interessante), la disponibilità di strumenti di produzione personale (il fabbing e soprattutto quel che ne deriverà), la possibilità di intervenire in maniera autonoma su architetture e spazi pubblici o pesantemente codificati (con realtà aumentata, rfid, tags, tecnologie mobili, reti meshed...)<br>
<br>se diamo un nome abbastanza espressivo a questa cosa qui io son felice :)<br><div class="gmail_quote"><br><div> </div><blockquote class="gmail_quote" style="border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; padding-left: 1ex;">
Per quanto riguarda i workshop, posso dare una mano anche io per<br>
organizzarli per quanto riguarda contenuti, spazi e contatti da invitare<br>
(oltre che per tenerne uno).<br>
<br>
I temi relativi all'Open Design potrebbero essere questi:<br>
_software (gli strumenti open source disponibili)<br>
_processi (lo sviluppo di un esempio di progetto di Open Design)<br>
_teoria (concetti, basi e dinamiche dell'Open Design)</blockquote><div><br>buono, se lo aumentiamo un po'.<br>a me per esempio, fa un sacco piacere quando guardo il disegno bruttissimo che faceva sterling parlando dello spime<br>
<br><a href="http://www.flickr.com/photos/brucesterling/sets/72157594354415159/">http://www.flickr.com/photos/brucesterling/sets/72157594354415159/</a><br><br>perchè parla di un processo un po' più complesso.<br><br>perchè sennò si arriva ad un'idea che il prossimo step possa essere una cosa del genere:<br>
<br><a href="http://www.brepettis.com/">http://www.brepettis.com/</a><br><br>che, per quanto utile e didattica, è una roba da fighetti che non va tanto oltre il proprio (grande) naso.<br><br> </div><blockquote class="gmail_quote" style="border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; padding-left: 1ex;">
Se siamo interessati a dei workshop facilitati (cioè con un ruolo attivo<br>
dei partecipanti), questi normalmente richiedono più tempo anche in base<br>
agli obiettivi da raggiungere (un 4-5 ore almeno?), altrimenti dei<br>
seminari (lezioni) potrebbero essere più concisi.</blockquote><div><br>noi qui a roma stiamo cercando e ottenendo la possibilità di creare cose anche più complesse.<br><br>tipo workshop di 1 settimana (un piccolo master, in pratica), con un budget, in cui ci sia una parte teorica e una parte pratica, fatte DIY ma anche invitando persone di rilievo e che sono già operative sulle varie tematiche, così da semplificare anche la parte espositiva, che si potrebbe realizzare come unione di cose già fatte e di cose prodotte all'interno dei workshop.<br>
<br>se si fa gruppo possiamo orgaizzarle assieme (che magari è anche più facile sui costi, perchè i costi di far venire persone da varie parti del mondo si potrebbe dividere tra più iniziative, e organizzare dei piccoli "tour" )<br>
</div></div><br><br>ciao!<br>xDxD<br>