<p>Bell'articolo. Lo sequestro per i materiali del warm up su Subvertising etc.</p>
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<blockquote>----Messaggio originale----<br /> Da: nuratafeche@tiscali.it<br /> Data: 21/10/2009 1.28<br /> A: "artistic activism and net culture"<aha@lists.ecn.org><br /> Ogg: [aha] nel movimento<br /> <br /> <!-- -->
<p align="left"><small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif; font-size: xx-large;"><small><small><small><small><small>dopo una chiacchierata con lo|bo mi sono decisa a inoltrarvi questo breve articolo uscito su A rivista<br /> </small></small></small></small></small></span></small></p>
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<p><small><small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif; font-size: xx-large;"><small><small><small><small><strong><small>Nuove forme di lotta</small></strong></small></small></small></small></span></small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif; font-size: medium;"><small><br /> <small>Ripensare le forme della comunicazione, orientarsi verso un’espressione performativa di liberazione, proporre e realizzare nuovi interventi di strada.<br /> Soprattutto all’estero è una realtà concreta dal Pinkarnival al Rhytms of Resistance o alla Pink Samba Band.</small></small></span><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;"><br /> <br /> <span class="Stile7">F</span>orse ci stiamo rendendo conto che “rivendicazione” non è più la sola parola che contraddistinguerà le nostre lotte. “Ingegnoso e creativo” sono quei due aggettivi che possono evocare e suggerire tanto di più quella nuova forma di protesta incisiva e trascinante, che ci piacerebbe vedere nelle nostra strade.<br /> Molti dei facili commenti distruttivi a questo genere di proposta è che “la politica è una cosa seria”. Ma anche la noia lo è. Una gioiosa resistenza. Le forme di protesta e di opposizione che stanno evolvendosi in mezzo mondo, puntano i piedi sull’estrema necessità di ripensare le forme della comunicazione, una conquista. Collettivi molto radicati propongono tattiche inesplorate nelle strade durante cortei anti-capitalisti con una passione differente e veramente coinvolgente, magari anche con riferimenti più pungenti e sotterranei.<br /> Dal Pinkarnival al Rhytms of Resistance o Pink Samba Band, le manifestazioni e le iniziative sono orientate verso un’espressione soprattutto performativa di liberazione, febbricitante e massiccia, pink block quasi a identificare l’entusiasmo della sovversione nel colore rosa shocking o colori simili, nelle piume delle maschere e nei corpi danzanti che vogliono offrire una critica alternativa, mobile e non violenta, occupando e muovendo lo spazio intorno. Apparirà sorprendente vedere che attraverso il ritmo di samba si possa essere magari più comprensibilie che in questo modo la forza di comunicazione si mostri più ludica, più estroversa e quindi più avvicinabile, come soprattutto il movimento LGBITeQueer, senza precedenti sta dimostrando, senza aver paura di perdere una austera determinazione e voglia di fare LA Rivoluzione.<br /> Esempi sono il Catania Pride 2009 o i Carnival Bloc di Barcelona nel 2001 o meglio le dimostrazioni di Rhytms durante le manifestazioni NoBorder, scrivendo nero su fucsia giganti slogan come Queer without Border.<br /> Come anche il Carnevale della Plaine che si svolge da anni in un quartiere popolatissimo di Marsiglia, prendendosi argutamente gioco della goffa esibizione clericale, facendo vivere con spirito libertario un senso nuovo di appartenenza ai luoghi, specie quando sono nucleo di grande fertilità culturale. Una sorta di normalizzazione inversa quella di Marsiglia, in cui le grandi azioni di rivendicazione in strada sono esattamente ciò che ci si dovrebbe aspettare. Il sabotaggio, il capovolgimento e l’esasperazione del significato e di archetipi fin troppo noti può determinare un’esplosiva empatia.</span></small></p>
<small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;"><strong><span class="Stile21">L’ironia colpisce duro</span></strong></span></small><br />
<p><small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;">Tutto questo necessita sicuramente di uno sforzo in più, ossia non è più solo valida la critica al massimo sistema ma anche lo studio rivolto verso di esso, la profonda consapevolezza dei più sordidi meccanismi, come propone il lavoro del collettivo canadese Adbusters (distruttori di pubblicità), una rete di artisti, studenti hacker, scrttori ecc.il cui lavoro è volto a sviluppare un nuovo movimento di attivismo sociale, attraverso riviste articoli e documentari. Non è sensazionalismo, è invece l’atteso entusiasmo che ora esplode e viene riconosciuto come l’inizio di un percorso in cui la creatività si fonde con la conoscenza e l’informazione. Ma ora, tutto questo ha per fortuna ancora bisogno di fare strada. <br /> Un esempio molto calzante sono le e i Radical Cheerleadears, un gruppo nato in Florida che ben presto si è allargato in tutti gli Stati Uniti, la cui estetica è data dalla riappropriazione dei comunissimi stereotipi della fluorescente ragazzetta coi pon-pon che saltella cantando gli slogan delle parate, totalmente sovvertito.<br /> gli attivisti e le attiviste Radical scendono per le strade trasformandosi in agitatori urbani armati di calzoncini fucsia e gonnelline attillate,destabilizzando la comune percezione della cheerleader.<br /> Ovviamente, l’ironia è ciò che più colpisce duro, lo stravolgimento del suo immaginario commmerciale.(chiunque negli USA, sa cosa rappresenta la cheerleader per la società americana, il posto che ricopre una di quelle figure del benessere sociale delle tragicamnete definte “apparentemente tranquille” provincie degli Stati Uniti)<br /> la contraddizione è fortissima e allo stesso tempo molto attraente,<br /> lo fa capire uno dei cori più significativi dei Radical:</span> </small></p>
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<p><small> <span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;"><strong>Resist!</strong><br /> <strong>R</strong> is for Revolution!<br /> <strong>E</strong> is for Everybody!<br /> <strong>S</strong> Subvert the system!<br /> <strong>I</strong> Ignite debate!<br /> <strong>S</strong> We’re gonna Smash the state!<br /> <strong>T</strong> we’re gonna Tear it down!</span> </small></p>
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<p class="Stile21"><small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;">Un anno dopo le rivolte argentine, i passionari YoMango, volando tra Barcellona e Buenos Aires durante il periodo natalizio, propongono delle danzerecce turniche electro-tango nei corridoi dei supermercati, in cui un allungamento di mano durante il ballo per intascarsi una bottiglia di champagne, passa totalmente inosservato. Finite le danze, la festa si sposta solitamente negli uffici di qualche banca importante della città, danzando, inondando e urlando “que se vayan todos!”, riferendosi alla crisi economica argentina del 2001,alle multinazionali, ai politici e alle banche.<br /> <br /> <strong>Vestiti con scolapasta e boa di struzzo</strong></span></small></p>
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<p><small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;">Un’esperienza importantissima di cui ormai forse si è anche già raccontato troppo ma che riesce comunque bene a convicere nella sua “prepotenza” esplosiva. La rete di eco-rivoluzionari antiautoritari “Reclaim the Streets”. Un movimento molto eterogeneo con una spiccata attitudine DIY grazie anche ad un How-To pubblicato sul sito di come organizzare un evento di reclamo della strada nella propria città. Vera e propria rivendicazione, sottoforma di pura espressione artistica, culturale, sociale e urbana.<br /> RTS è attivismo unito da un’affinità elettiva tramutata da protesta in grande festa di strada: una sorta di carnevale urbano caratterizzato da un’attitudine non violenta e largamente argomentata (spesso gli eventi, a seconda della predisposizione verso una tale protesta, hanno preso nomi come Carnival against Capitalism, Reclaim the Future, altri erano rave e altri blocchi stradali alla Critical Mass).<br /> La socialità che portava RTS ha avuto una grandissima risonanza, perfino in Africa e Australia; in Italia un avvenimento simile si è visto nel novembre ‘99 (probabilmente molte azioni si proponevano, tra le altre cose, di coinvolgere quanti più vecchietti residenti nel quartiere per il supporto a costruire piste ciclabili).<br /> Rimanendo nel “movimento dal colore rosa”, è necessario soffermarsi su un piccolo passaggio, la Clandestine Insurgent Rebel Clown Army (CIRCA) che è forse uno dei discorsi più lunghi e interessanti degli ultimi anni.<br /> Piccoli o oceanici gruppi di persone vestite con scolapasta e boa di struzzo rosso caricano la gente di allegria di fronte a schiere anonime e ingrigite di polizia in assetto antisommossa, spesso riproducendo spavaldamente il comportamento del soldatino in divisa, ma provocando e cercando una reazione positiva e complice. CIRCA ha una profondissima analisi e sottile ironia che crea dei legami di comprensione infiniti.<br /> Il continuo bisogno di confronto e di emulazione rende la Clown Army uno degli esperimenti dialettici e creativi più riconosciuti, dal Brasile alla Danimarca. Tutto ciò si basa su un terreno molto complesso: una critica all’estetica del potere connessa alla spettacolarità di un linguaggio diretto e teatrale decisamente ridicolo, con dei risultati disarmanti nella loro semplicità. Per questo l’esercito si è visto un po’ dappertutto anche in situazioni molto dure, dai tesissimi giorni di Rostock al g8 di Gleaneagles del 2005. Questo riesce comunque a non interferire nel modo di fare azione diretta non violenta e comunicare con una enorme forza (ultimi avvistamenti dei nasi rossi sono stati i giorni di strasburgo, durante le enormi proteste contro la NATO, in cui quasi tutti i clown dell’esercito sono stati fermati dalla polizia francese e dispersi durante il corteo, impedendogli la non violenta parata verso il centro della città).</span></small></p>
<small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;"> </span></small>
<p class="Stile21"><small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;"><strong>Il ritrovamento della socialità</strong></span></small></p>
<p><small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;">Questo è tutto ciò che succede per il mondo. E ora finalmente l’ispirazione è arrivata fino a qui. La voglia di sperimentare è cresciuta spontaneamente come in un orto umido di pioggia. E da qui è nato Sciame, insofferenti come milanesi e pungenti come un insetti, una sgangherata banda di gente che sopporta la città attuale, ma alllo stesso tempo ha scelto di interrompere e interferire in un’attesa, un momento di pigrizia e di affievolimento generale.<br /> La rivendicazione dello spazio e della dimensione del quartiere, una delle migliori qualità che si sta perdendo a Milano, è il ritrovamento della socialità, della collettività in piazza.<br /> I gesti possono essere semplici e molteplici, una ciclofficina itinerante, un mercato del baratto del buon cibo biologico mescolati con la curiosità dei residenti del quartiere provenienti in realtà da ogni parte del mondo, racchiusi o meglio, liberamente profusi, in una piazza qualsiasi. Volti sempre alla creazione di Zone temporaneamente Autonome, a volte armoniche, se di mezzo c’è un coro itinerante che attraversa le vie della città distribuendo testi dei canti e volantini che interferiscono nella politica di oppressione.<br /> I concetti non sono diversi e cambiati, dalle proposte già sfruttate del vecchio Bey o Debòrd, non è nulla di nuovo. Ma volte che il desiderio di convivialità diventi tanto più forte da scavalcare la paura della legalità e della realizzazione pratica, permettendo un gioco di ingegno e una sperimentazione che riesce a liberarsi dagli schemi. <br /> L’attitudine è cambiata. Perché il bisogno è cambiato.<br /> La realtà è nelle strade e là viene vissuta. Il desiderio di Sciame è soprattutto quello di sperimentarsi e fare il passo successivo raggiungendo davvero l’esterno, tenendo un piede nella realtà e uno nel sogno, nel gioco della rivendicazione dello spazio comune; nel capovolgimento di ciò che è percepito come “normale e comune” e ciò che invece è considerato “esagerato e grottesco” e mescolarlo insieme.<br /> La conclusione probabilmente si ripone nel quesito che propose Roland Barthes, che viene utilizzato nel famoso libro sulla comunicazione-guerrilla come incipit: “la migliore sovversione non consiste forse nel distorcere i codici, anziché distruggerli?”.<br /> <br /> </span></small></p>
<small> </small> <small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;"><strong><br /> </strong></span></small>
<p class="Stile15"><small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;"><strong>post s:<br /> Che cosa è lo Sciame</strong><br /> Sciame è un gruppo di persone, singole o provenienti da diverse realtà dal cuore libertario come Scighera e Torchiera,che si è unito con il desiderio di fondersi con il tessuto urbano,occupando uno spazio e un tempo per creare una nuova convivialità di piazza, senza lasciarsi troppo intimorire dalle liberticide formalità legali.<br /> Sciame vive solo nelle strade, talvolta in coro e armoniche a bocca nei cortei, in quartieri periferici e multiculturali con aperitivi autogestiti, ciclofficine,mercatini, e in tutti i modi possibili che si possono inventare per ritrovare la socialità nella sua espressione più libera e spontanea.<br /> Lo Sciame non arruola, non marcia,non sta composto è una disarticolata sintonia di rumori.<br /> <br /> </span></small></p>
<br /> <small><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;">per il momento non aggiungo nulla di più a ciò che é già scritto,é una panoramica e un'occhiata di riguardo<br /> ma spero si possa sviluppare un dialogo,semmai possa essere utile e cercare di materializzarlo (magari anche in ahackitude)<br /> con anche la speranza di riformulare e sperimentare nuove modalità anche qui, a milano soprattutto, e nel movimento<br /> </span><span style="font-family: Helvetica,Arial,sans-serif;">vedremo! insieme...</span></small> <br /> <br /> <br /> <br />
<pre class="moz-signature">-- <br />jalla!</pre>
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