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<pre>scrive TATIANA:<br><br>"Stando qui ho imparato che non serve a nulla scandalizzarsi perche' <br>networking, arte e business non sono in antitesi, ma capire cosa esce <br>fuori da questo tipo di incontro e collisione. Forse ne puo' uscire un <br>mondo peggiore, ma forse - e ho alcuni esempi concreti qui a San <br>Francisco - si incontrano persone che cercano realmente di cambiare <br>qualcosa, e trovare modalita' di agire in cui ci si senta responsabili <br>in prima persona. <b>Con questo sottolineo che qui non si usa la parola <br>business per dire "ti fotto e mi tengo tutto", ma viene associata al <br>concetto di "innovazione creativa".</b>" <br><br>Sono parole Sante, viviamo in un paese dove Biz = Fottere, non che altrove<br>non succeda (cavolo se succede), ma non misurarsi cone questa sfida/lavoro,<br>con questo scenario anche di competizione industriale e tecnologica è vivere nei sogni;<br>liberissimi di farlo beninteso.<br>Tatiana sta letteralmente illuminando un approccio<br>che svincola il movimento da certi dogmi che proprio chi li ha propugnati alla fine<br>non li ha certo seguiti con fede assoluta.<br>La tecnologia è potere non è solo liberazione e rivoluzione e spesso in italia<br>chi finge di detenere questo <i>potere </i>non sa manco tenere il mouse in mano.<br>e chi sa "tenere il mouse in mano" ha il cervello in blocco seguendo dogmi<br>che ridisegnati potrebbero invece aiutare anche la più utopica e avanzata delle Cause.<br><br>Sono completamente d'accordo con Tat.<br><br>Mariano<br></pre><br><br><br>> Date: Tue, 1 Dec 2009 19:38:37 -0800<br>> From: t_bazz@ecn.org<br>> To: aha@lists.ecn.org<br>> Subject: Re: [aha] Approfondimenti e spunti da San Francisco<br>> <br>> Cara Maya (e cari tutti e tutte),<br>> <br>> ti ringrazio molto per questo feedback, il vero scopo del mio intervento <br>> via Skype era proprio quello di sentire come la pensavate e condividere <br>> con voi la mia esperienza. Mi rendo conto che era piuttosto tardi e <br>> soprattutto, che un argomento del genere meriterebbe di discutere piu' a <br>> lungo e soprattutto faccia a faccia. Ma sono sicura di aver lanciato <br>> qualche input, l'ho capito dalle reazioni di quelli che ho sentito.<br>> <br>> Una cosa che pero' ho notato dalle vostre reazioni, e' che non e' facile <br>> comprendere come sia possibile che qui pratiche hackare e artistiche <br>> siano in qualche modo "organizzate" e gestite a livello economico come <br>> modalita' di business. All'inizio anche io, venendo da una realta' in <br>> cui questa parola e' carica di un significato negativo, ho avuto <br>> difficolta' a capire. Ma poi ho cercato di liberarmi dalle categorie sia <br>> politiche che culturali che ho sempre usato per interpretare certi <br>> concetti, e ho cercato di vedere le cose con altri occhi.<br>> <br>> E' strano, ma ho imparato che il modo di vedere l'hacktivism e <br>> l'artivism che noi condividiamo anche in questa piattaforma, e' molto <br>> "nostrano". Non sempre all'estero e' possibile interpretare alcune <br>> pratiche come politiche. E' una conseguenza di tradizioni sociali e <br>> culturali, credo, e di storie diverse.<br>> Ancora piu' interessante se pensate che molti dei nostri immaginari <br>> hacker sono derivati dagli Stati Uniti, ed e' utile scoprire che cio' <br>> che e' arrivato in Italia e' stato filtrato da una sensibilita' e <br>> approccio particolare, che e' tutto nostro. Per esempio, al di fuori <br>> dell'Italia, il Cyberpunk non e' mai stato visto come un fenomeno <br>> politico, ma come una corrente letteraria. Invece per noi e' stato <br>> fondamentale per interpretare e vivere una serie di pratiche che hanno <br>> acquisito un significato di lunga durata. In pochi usano la parola <br>> Hacktivism, ma bensi' Hacking. Invece per noi Hacktivism si porta dietro <br>> un mondo intero.<br>> <br>> Ovviamente con questo non dico che siamo un caso raro, perche' esistono <br>> esperienze analoghe a quella italiana anche in altri paesi, ma direi che <br>> questo avviene per gruppi isolati, come per esempio puo' essere <br>> NoiseBridge qui a San Francisco, oppure il defunto Bootlab a Berlino, <br>> oppure il circuito degli Hackmeeting in Spagna.<br>> Ma un approccio politico forte come il nostro, e che crea un immaginario <br>> cosi pervasivo, sinceramente non l'ho incontrato piu' fuori dall'Italia. <br>> Ho avuto modo di discutere su questo con molta gente: qui a San <br>> Francisco, in Germania, in Danimarca e in Svezia. Molte delle realta' <br>> hackare fra Germania, Svezia e Danimarca si definiscono strettamente <br>> a-politiche: e questo l'ho incontrato nel Chaos Computer Club di Berlino <br>> (forse quello di Monaco e' diverso?), nel Pirate Bureau svedese e fra <br>> altri hackari in Danimarca. Il punto e' che per molte di queste realta', <br>> che preferiscono definirsi "anarchiche" piuttosto che "politiche", la <br>> politica e' vista come una muffa ideologica che relegano nelle stanze <br>> dei bottoni.<br>> Per noi invece anche anarchia e' una forma di politica.<br>> <br>> Ho visto reazioni simili pronunciando la parola "politica" associata a <br>> contesti hackari a quelle che alcuni di voi hanno avuto quando ho <br>> pronunciato la parola "busines" associata ai medesimi.<br>> Forse questo ci spiega che e' prima di tutto e' una partita giocata a <br>> livello semantico, ma ovviamente e' anche lo specchio di profondi <br>> background sociali e culturali (e politici, ovviamente).<br>> <br>> Quello che ho cercato di comunicare con il mio intervento, e' che non <br>> serve a nulla interpretare il mondo con delle categorie rigide. Perche' <br>> in fondo le categorie di pensiero sono solo un modo per organizzare <br>> degli eventi caricandoli di concetti preconfezionati, che esistono solo <br>> nella nostra mente o in quella del nostro gruppo. Il punto e' capire <br>> come funziona il gioco, e agire per arrivare a degli obiettivi che <br>> rispecchiano realmente il nostro sentire, che poi possono essere <br>> realmente applicati nella vita quotidiana.<br>> <br>> Stando qui ho imparato che non serve a nulla scandalizzarsi perche' <br>> networking, arte e business non sono in antitesi, ma capire cosa esce <br>> fuori da questo tipo di incontro e collisione. Forse ne puo' uscire un <br>> mondo peggiore, ma forse - e ho alcuni esempi concreti qui a San <br>> Francisco - si incontrano persone che cercano realmente di cambiare <br>> qualcosa, e trovare modalita' di agire in cui ci si senta responsabili <br>> in prima persona. Con questo sottolineo che qui non si usa la parola <br>> business per dire "ti fotto e mi tengo tutto", ma viene associata al <br>> concetto di "innovazione creativa".<br>> Il tutto sta a capire cosa questo atteggiamento porti in realta', e cosa <br>> si sta realmente costruendo, ed e' uno dei punti chiave della mia <br>> ricerca. Puo' portare a una nuova bolla economica, ma ogni tanto si <br>> incontrano delle persone che fanno cose con reale entusiasmo e credono <br>> veramente che stanno agendo per cambiare qualcosa.<br>> <br>> Per quanto riguarda Burning Man (BM): sono d'accordo con chi dice che <br>> ormai ha fatto il tempo che trova, considerate che e' nato nel 1986! <br>> Ovviamente l'esperienza e' diventata altro da una pratica artistica <br>> utopica. Ma non sono d'accordo nel definirlo "una mascherata". E' un <br>> evento che e' carico di immaginari: andare nel deserto non significa <br>> scappare, ma cercare di fare un viaggio verso una "zona autonoma" - <br>> almeno all'inizio e' stato visto cosi dall'incontro dei primi burners e <br>> dalla cacophony society; avere dei costumi non significa fare una <br>> carnevalata, ma applicare in qualche modo una modalita' surrealista di <br>> rendere non familiare il familiare; e il fatto che sia un rito <br>> collettivo, collegato al fuoco, ha tutta una serie di connessioni con <br>> riti pagani che qui a San Francisco sono molto importanti (si veda il <br>> libro Modern Pagans pubblicato da Re/Search).<br>> <br>> Se vogliamo chiaramente chiederci cosa significa BM oggi qui in <br>> California, e' un altro punto.<br>> Sicuramente ci sono eventi piu' genuini, ma BM ha segnato un'epoca - e <br>> infatti anche il Water Woman Project e' nato li' e si ispira a BM. Qui <br>> ancora molte persone si definiscono Burners. E il punto e' che vedono un <br>> evento del genere non solo come "partecipo a un festival", ma come "io <br>> SONO il Festival". Loro si sentono burners, e' un evento che richiede <br>> una preparazione di molte settimane, per molti un anno intero.<br>> BM esiste ancora dopo piu' di 20 anni e quest'anno erano in 50.000. Si <br>> e' sicuramente commercializzato, ma avere la forza di attirare 50.000 <br>> persone nel deserto senza cibo e acqua e' una vittoria.<br>> In quanti dei nostri eventi ci sono 50.000 persone concentrati in uno <br>> stesso luogo per una settimana? (un luogo estremo, poi!) Secondo me e' <br>> su quello che dobbiamo riflettere. Cosa puo' fare la differenza?<br>> <br>> Poi magari non ce ne frega nulla di essere in 50.000 e mi sembra anche <br>> positivo essere in pochi ;-) ma il tutto sta nell'essere consapevoli di <br>> cosa si vuole e di dove si vuole arrivare. Ma per fare questo, credo che <br>> ci voglia prima di tutto uno sforzo di umilta' nell'andare fuori di casa <br>> e cercare di capire chi e' diverso da noi...<br>> Per cui non mi sento ancora di giudicare chi sto incontrando.<br>> <br>> Un abbraccio,<br>> <br>> T_Bazz<br>> <br>> <br>> <br>> <br>> <br>> <br>> <br>> <br>> <br>> maya wrote:<br>> > ciao tatiana,<br>> > ti scrivo qui perchè ieri sera ero davvero stanca e non ce l'ho fatta ad<br>> > intervenire.<br>> > <br>> > Dunque, il mio contatto con la realtà di cui tu ci hai parlato è iniziata<br>> > già durante<br>> > il *to share* di quest'anno dove ho avuto il piacere di ospitare un artista<br>> > di San Francisco.<br>> > Con lui ho avuto modo di parlare molto sulla realtà della california.<br>> > E già parlando con lui e confermato poi da il tuo intervento ieri, ho<br>> > incontrato<br>> > questa sostanziale differenza nell'intendere la parola bussiness.<br>> > Dal creare e presentare un proprio sito personale a parlare di tematiche<br>> > artistiche ed attiviste.<br>> > Ed è veramente così, ovvero che il bussiness e coloro che si occupano di<br>> > attivismo<br>> > non risultano in antitesi.<br>> > Non credo di comprendere completamente questo tipo di approccio, perchè lo<br>> > trovo molto<br>> > distante per lo meno dalla mia esperienza ma questa cosa senza dubbio c'è<br>> > e la vedo coesistere e se non altro mi spinge ad osservara con una certa<br>> > curiosità.<br>> > <br>> > Mentre a quanto ho capito per una grande fetta di artisti-attivisti<br>> > californiani il burning-man<br>> > non è visto di buon occhio, almeno cosi mi ha detto Pete quando ho<br>> > manifestato il mio interesse a<br>> > ad andarci un giorno e lui mi ha fortemente sconsigliato di farlo parlandomi<br>> > di altri festival (di cui<br>> > sinceramente non ricordo il nome) dicendomi che il burning man non era più<br>> > un festival "serio"..<br>> > <br>> > Mi ha molto colpito quando hai detto che a San Francisco va per la maggiore<br>> > il party in costume,<br>> > e che la trovi una città estremamente performativa.<br>> > Penso ad una Miranda July, che rende le piccole cose della vita quotidiana<br>> > una performance e che essendo<br>> > proprio californiana forse ne è un esempio.<br>> > E ti chiedo quali sono le diversità e i punti di contatto che hai potuto<br>> > osservare nelle varie<br>> > città in cui hai vissuto, specialmente legata a questo modo performativo di<br>> > vivere gli spazi<br>> > e (forse) di creare network.<br>> <br>> _______________________________________________<br>> AHA mailing list<br>> AHA@lists.ecn.org<br>> http://lists.ecn.org/mailman/listinfo/aha<br>                                            </body>
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