<br><br><div class="gmail_quote">2009/12/15 T_Bazz <span dir="ltr"><<a href="mailto:t_bazz@ecn.org">t_bazz@ecn.org</a>></span><br><blockquote class="gmail_quote" style="border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; padding-left: 1ex;">
Credo che la vera missione di un hacktivista, e mi auguro anche di<br>
questa lista, sia prima di tutto cercare di scardinare pregiudizi<br>
culturali e politici. Poi, quando si e' diventati fluidi e in grado di<br>
"infiltrarsi", come Luisa ha espresso molto bene, si potra' veramente<br>
creare un'alternativa.<br></blockquote><div><br><br><br></div></div>"Dopo due secoli di rivoluzione e quasi-rivoluzione, emerge una lezione storica: non si può distruggere la struttura autoritaria, si può solo resisterle."<br>
<br>e<br><br>"Le opere d'arte che dipendono dalla burocrazia per poter essere fruite sono troppo eterodirette per avere una qualunque funzione contestataria. Alla fine sono solo atti di sottomissione che confermano la gerarchia e l'ordine razionale. Questo lavoro non comporta nessun rischio, perchè viene fatto entro i confini del bunker/burocrazia. Com'è possibile considerarlo una sfida all'ordine sociale dominante? In che modo esso scalfisce il bunker? Ciò che è più triste è che i leccapiedi che realizzano queste opere non sono liberati: anzi, diventano prigionieri dei monumenti che il loro lavoro ha prodotto , e il prodotto della mediazione parla per loro."<br>
<br>da Critical Art Ensemble, Disobbedienza Civile Elettronica<br><br><br>e, di oggi:<br><br><a href="http://espresso.repubblica.it/dettaglio/repressione-a-copenhagen/2117123&ref=hpsp">http://espresso.repubblica.it/dettaglio/repressione-a-copenhagen/2117123&ref=hpsp</a><br>
<br>cià!<br>xDxD<br>