<a href="http://www.grnet.it/news/95-news/1968-facebook-il-ministero-degli-interni-ha-ottenuto-le-chiavi-per-entrare-nei-profili.html">http://www.grnet.it/news/95-news/1968-facebook-il-ministero-degli-interni-ha-ottenuto-le-chiavi-per-entrare-nei-profili.html</a><br>
<br><span style="font-family: georgia,palatino;"><span style="font-size: 10pt;"><em><strong>Senza
dirlo a nessuno il ministero degli Interni italiano ha ottenuto dai
vertici di Facebook le chiavi per entrare nei profili degli utenti
anche senza mandato della magistratura. Una violazione della privacy
che farà molto discutere</strong></em>.<br><br>Negli Stati Uniti, tra
mille polemiche, è allo studio un disegno di legge che, se sara
approvato dal Congresso, permettera alle agenzie investigative federali
di irrompere senza mandato nelle piattaforme tecnologiche tipo Facebook
e acquisire tutti i loro dati riservati.<br><br>In Italia senza
clamore, lo hanno già fatto. I dirigenti della Polizia postale due
settimane fa si sono recati a Palo Alto, in California, e hanno
strappato, primi in Europa, un patto di collaborazione che prevede la
possibilità di attivare una serie infinita di controlli sulle pagine
del social network senza dover presentare una richiesta della
magistratura e attendere i tempi necessari pei una rogatoria
internazionale. Questo perchè, spiegano alla Polizia Postale, la
tempestività di intervento è fondamentale per reprimere certi reati che
proprio per la velocita di diffusione su Internet evolvono in tempo
reale.<br>Una corsia preferenziale, insomma, che potranno percorrere i
detective digitali italiani impegnati soprattutto nella lotta alla
pedopornografia, al phishing e alle truffe telematiche, ma anche per
evitare inconvenienti ai personaggi pubblici i cui profili vengono
creati a loro insaputa. Intenti forse condivisibili, ma che di fatto
consegnano alle forze dell'ordine il passepartout per aprire le porte
delle nostre case virtuali senza che sia necessaria l'autorizzazione di
un pubblico ministero. In concreto, i 400 agenti della Direzione
investigativa della Polizia postale e delle comunicazioni potranno
sbirciare e registrare i quasi 17 milioni di profili italiani di
Facebook.<br><br><img style="margin: 5px; float: right;" alt="polizia_postale" src="http://www.grnet.it/images/stories/Aimmagini/polizia_postale.jpg" width="300" height="225">Ma
siamo certi che tutto ciò avverrà nel rispetto della nostra privacy? In
realtà, ormai da un paio d'anni, gli sceriffi italiani cavalcano sulle
praterie di bit. Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza e persino i
vigili urbani scandagliano le comunità di Internet per ricavare
informazioni sensibili, ricostruire la loro rete di relazioni,
confermare o smentire alibi e incriminare gli autori di reati. Sempre
più persone conducono in Rete una vita parallela e questo spiega perche
alle indagini tradizionali da tempo si affianchino pedinamenti
virtuali. Con la differenza che proprio per l'enorme potenzialità del
Web e per la facilità con cui si viola riservatezza altrui a molto
facile finire nel mirino dei cybercop: non è necessario macchiarsi di
reati ma basta aver concesso l'amicizia a qualcuno che graviti in
ambienti "interessanti" per le forze dell'ordine.<br><br>A Milano, per
esempio, una sezione della Polizia locale voluta dal vicesindaco
Riccardo De Corato sguinzaglia i suoi "ghisa" nei gruppi di writer,
allo scopo di infiltrarsi nelle loro community e individuare le firme
dei graffiti metropolitani per risalire agli autori e denunciarli per
imbrattamento. Le bande di adolescenti cinesi che, tra Lombardia e
Piemonte, terrorizzano i connazionali con le estorsioni, sono
continuamente monitorate dagli interpreti della polizia che si
insinuano in Qq, la più diffusa chat della comunità. Anche le gang
sudamericane, protagoniste in passato di regolamenti di conti a Genova
e Milano, vengono sorvegliate dalle forze dell'ordine. E le lavagne
degli uffici delle Squadre mobili sono ricoperte di foto scaricate da
Facebook, dove i capi delle pandillas che si fanno chiamare Latin King,
Forever o Ms18 sono stati taggati insieme ad a ltri ragazzi
sudamericani, permettendo cosi agli agenti di conoscere il loro
organigramma. Veri esperti nel monitoraggio del Web sono ormai gli
investigatori delle Digos, che hanno smesso di farsi crescere la barba
per gironzolare intorno ai centri sociali o di rasarsi i capelli per
frequentare le curve degli stadi. Molto più semplice penetrare nei
gruppi considerati a rischio con un clic del mouse. Quanto ai
Carabinieri, ogni reparto operativo autorizza i propri militari, dal
grado di maresciallo in su, ad accedere a qualunque sito internet per
indagini sotto copertura, soprattutto nel mondo dello spaccio tra
giovanissimi che utilizzano le chat per fissare gli scambi di droga o
ordinare le dosi da ricevere negli istituti scolastici. Mentre, per
prevenire eventuali problemi durante i rave, alle compagnie dei
Carabinieri di provincia è stato chiesto di iscriversi al sito di
social networking Netlog, dove gli appassionati di musica tecno si
danno appuntamento per i raduni convocando fans da tutta Europa. A
caccia di raver ci sono anche i venti compartimenti della Polizia
postale e delle comunicazioni, localizzati in tutti i capoluoghi di
regione e 76 sezioni dislocate in provincia. «Il nostro obiettivo è
quello di prevenire i rave party prima che abbiano inizio», spiegano,
«e per questo ci inseriamo nelle comunicazioni tra organizzatori e
partecipanti, nei social network, nei forum e nei biog». Così può
capitare che anche chi ha semplicemente partecipato ad una chat per
commentare un gruppo musicale finisca per essere radiografato a sua
insaputa.<br><br><img style="margin: 5px; float: left;" alt="polizia-postale-carabinieri-facebook" src="http://www.grnet.it/images/stories/Aimmagini/polizia-postale-carabinieri-facebook.jpg" width="300" height="199">In
teoria queste attività sono coordinate dalle procure che conducono le
indagini su singoli fatti o su fenomeni più ampi. I responsabili dei
social network non ci tengono a farlo sapere e parlano di una generica
offerta di collaborazione con le forze dell'ordine per impedire che le
loro piattaforme favoriscano alcuni delitti. Un investigatore milanese
rivela a "L'espresso" che, grazie alle autorizzazioni della
magistratura, da tempo ottiene dai responsabili di Facebook Italia di
visualizzare centinaia di profili riservati di altrettanti utenti,
riuscendo persino ad avere accesso ai contenuti delle chat andando
indietro nel tempo fino ad un anno. Chi crede di aver impostato le
funzioni di riservatezza in modo da non permettere a nessuno di vedere
le foto, i post e gli scambi di messaggi con altri amici, in realtà, se
nel suo gruppo c'e un sospetto, viene messo a nudo e di queste
intrusioni non verrà mai a conoscenza.<br>E non sempre l'autorità
giudiziaria viene messa al corrente delle modalità con cui vengono
condotte alcune indagini telematiche. Un ufficiale dei Carabinieri, che
chiede di rimanere anonimo, ammette che certe violazioni della legge
sulla riservatezza delle comunicazioni vengono praticate con
disinvoltura: «Talvolta», spiega l'ufficiale. «creiamo una falsa
identità femminile su Fb, su Msn o su altre chat, inseriamo nel profilo
la foto di un carabiniere donna, meglio se giovane e carina, e lanciamo
l'esca. II nostro carabiniere virtuale tenta un approccio con la
persona su cui vogliamo raccogliere informazioni, magari
complimentandosi per un tatuaggio. E in men che non si dica facciamo
parte del suo gruppo, riuscendo a diventare "amici" di tutti i soggetti
che ci interessano». Di tutta questa attività, spiega ancora
l'ufficiale, «non sempre facciamo un resoconto alla procura e nei
verbali ci limitiamo a citare una fantomatica fonte confidenziale». Da
oggi, in virtù dell'accordo di collaborazione con Mark Zuckerberg
siglato dalla Polizia, chi conduce queste indagini potrà fare a meno di
avvisare un magistrato perchè «la fantasia investigativa può spaziare»,
prevede un funzionario della Polposta, «e le osservazioni virtuali
potranno essere impiegate anche in indagini preventive». (<em>L'Espresso</em></span></span><br>