ciao francesco,<br><br>chiarissimo e si capiva abbastanza dalla tua prima mail. <br>ero curiosa di sapere come vi avessero comunicato il tutto e dunque si sono limitati a dire: ok da ora le dispense che producete sono nostre. stop.<br>
<br>cosa leggermente diversa sarebbe se l'istituzione puntasse a creare un sistema di valorizzazione/divulgazione *pubblica* del sapere prodotto al suo interno, chiedendo ai suoi membri di aderire/supportare l'iniziativa<br>
<br>nn credo risolva il problema di natura sidacale posto dai docenti, ma già avanzare la proposta che ci si doti di strumenti simili, magari aderendo a progetti/movimenti più ampi come OAI, sarebbe un modo di aprire un dialogo sulla diffusione del sapere scientifico e porre una questione dentro l'istituzione che va anche oltre la questione dei contratti (non per sminuirla s'intende)<br>
non so che visione abbiano del marketing, ma a me non sembra una grande trovata: l'openess è un valore e alla fine paga pure di più...<br><br>detto questo, a me fa piacere se ci aggiorni su come si evolvono le cose<br>
p<br><br><div class="gmail_quote">2011/4/18 francesco monico <span dir="ltr"><<a href="mailto:francescomonico@gmail.com">francescomonico@gmail.com</a>></span><br><blockquote class="gmail_quote" style="margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); padding-left: 1ex;">
Cara, <br>grazie dell'info riguardo all'ultima frase: cosa se ne fa l'istituzione (publica o privata) delle mie dispense (mi
sembra si tratti di questo infine) una volta che ho ceduto i diritti?
qual'è la sua politica? viene specificato qualcosa nel merito della
gestione?<br><br>bhè credo la cannibalizzi da un lato riducendola a puro clichè per il marketing o per ricerche di mercato più o meno serie, dall'altro riducendola a un non valore che gli è funzionale alla valutazione del management sulle risorse culturali.<br>
<br>chiaro no?<br><br>fra<br><br><div class="gmail_quote">Il giorno 14 aprile 2011 13:28, penelope.di.pixel <span dir="ltr"><<a href="mailto:penelope.di.pixel@gmail.com" target="_blank">penelope.di.pixel@gmail.com</a>></span> ha scritto:<div>
<div></div><div class="h5"><br>
<blockquote class="gmail_quote" style="margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); padding-left: 1ex;">ciao,<br><br>vi segnalo, se non la conoscete già, la Budapest Open Acces Initive<br><br><a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Budapest_Open_Access_Initiative" target="_blank">http://en.wikipedia.org/wiki/Budapest_Open_Access_Initiative</a><br>
<br>il documento è stato firmato nel 2001 originariamente da 13 soggetti del mondo accademico, il numero è notevolmente cresciuto, raccogliendo università, centri di ricerca, pubblicazioni scientifiche e così via<br><br>
<a href="http://www.soros.org/openaccess/view.cfm" target="_blank">http://www.soros.org/openaccess/view.cfm</a><br>
<br>in italia il progetto OA è portato avanti da <b>PLEIADI</b> (<b>P</b>ortale per la <b>L</b>etteratura scientifica <b>E</b>lettronica <b>I</b>taliana su <b>A</b>rchivi aperti e <b>D</b>epositi <b>I</b>stituzionali) di CASPUR e CILEA <br>
<br>qui è possibile iscriversi ad una lista di discussione per scambiare pareri/chiarire dubi etc<br><br><a href="http://openarchives.it/mailman/listinfo/oa-italia" target="_blank">http://openarchives.it/mailman/listinfo/oa-italia</a><br>
<br>voi (personalmente o come istituti) avete aderito? o conoscete docenti che lo hanno fatto?<br><br>in gen, trovo difficilmente applicpile "in automatico" ai contratti la clausola che cita francesco. messa così, non tutela nè gli autori nè la diffusione del sapere scientifico. <br>
mi domando: cosa se ne fa l'istituzione (publica o privata) delle mie dispense (mi sembra si tratti di questo infine) una volta che ho ceduto i diritti? qual'è la sua politica? viene specificato qualcosa nel merito della gestione?<br>
<font color="#888888">
<br>pp</font><div><div></div><div><br><br><br><div class="gmail_quote">2011/4/14 Tommaso Tozzi <span dir="ltr"><<a href="mailto:t.tozzi@ecn.org" target="_blank">t.tozzi@ecn.org</a>></span><br><br><blockquote class="gmail_quote" style="margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); padding-left: 1ex;">
Caro Francesco,<div><br>
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<br>
<blockquote class="gmail_quote" style="margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); padding-left: 1ex;">
Cio' che il docente produce per un lavoro per cui e' retribuito, nella logica del mondo in cui viviamo mi pare conseguenza naturale che divenga proprieta' di chi paga.<br>
<br>
<br>
F: Invece a me fanno delle domande più sofisticate, perché allora bisogna pensare a un compenso che includa lo studio, la ricerca e l'assemblaggio dei contenuti didattici; immaginiamo un rapporto di uno a tre, ovvero per un'ora di lezione frontale il docente ha lavorato tre ore di preparazione, ricerca, aggiornamento e assemblaggio. Quindi se un docente è pagato per il solo fare lezione, non riesco a sostenere con agilità che il materiale con cui ha fatto lezione sia di proprietà del luogo dove ha fatto lezione.<br>
<br>
</blockquote>
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<br></div>
Il nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro per un docente di ruolo all'Accademia prevede 324 ore di lavoro di cui almeno 250 ore "frontali" da cui si desume che le restanti possono essere finalizzate alla ricerca. Per cui e' prevista una retribuzione per le ore di lezione ed una per la ricerca. Rimane semmai sfumato e poco chiaro l'impegno, che comunque rientra negli obblighi del docente, per collegi docenti, esami, tesi ed altre attivita' collegate al progetto d'Istituto cui il lavoratore e' tenuto a svolgere su richiesta dell'Istituzione.<br>
Per i precari invece, i contratti di lavoro sono a seconda dell'Istituzione differenziati (presumo secondo le intenzioni piu' o meno secondarie di chi lo compila).<br>
Per i precari, nei contratti a progetto (di tipo <a href="http://Co.Co.Co" target="_blank">Co.Co.Co</a>) che le Accademie vedono mi sembra non di buon occhio (dato che tendono a far "regolarizzare" il rapporto di lavoro con il lavoratore, per cui le Istituzioni preferiscono rapporti occasionali con cui possono sfruttare meglio il lavoratore), mi sembra di capire che il rapporto possa essere definito in modo analogo a quello suddetto.<br>
Nei contratti per prestazione d'opera di tipo occasionale (su cui mi sembra di capire vada a cascare la maggiore percentuale dei precari in Italia nelle Accademie) il rapporto viene a seconda dei casi definito in modo diverso. Alcuni contratti possono arrivare a prevedere che insieme alle ore di lezione frontale (quelle sulla cui base viene effettuato il conteggio orario per cui vienen percepito il compenso) venga previsto comunque l'obbligo per il docente di assolvere ad altri impegni lavorativi (ricerca, collegi, esami, tesi, ecc) seppur non conteggiati nel compenso orario.<br>
E' chiaro che siamo fuori da ogni regola di tipo sindacale, ma il problema e' che:<br>
<br>
- attualmente la percentuale dei docenti precari e' altissima<br>
- la loro regolarizzazione implicherebbe un impegno economico da parte del Ministero enorme su cui non vedo alcun spiraglio da parte del Governo di voler investire<br>
- la forza contrattuale dei sindacati rispetto al precariato appare molto debole<br>
- le manovre governative sembrano fortemente mirate a guadagnare sempre piu' spazi in cui la contrattazione nel mondo della Scuola sia sottratta ad una mediazione da parte del Sindacato<br>
<br>
In questa situazione di liberismo sempre piu' sfrenato non vedo dunque con stupore (sebbene io sia chiaramente contrario) la richiesta che vi viene fatta e che hai denunciato.<div><br>
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<blockquote class="gmail_quote" style="margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); padding-left: 1ex;">
<br>
Ora il problema e' che:<br>
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Sono personalemente tendenzialmente contro ogni forma di proprieta' privata. A maggior ragione questo se cio' che diventa proprieta' privata e' un sapere.<br>
Dunque sono contrario al fatto che una Scuola divenga proprietaria di un sapere nella dimensione per cui sono anche in linea di principio contrario al fatto che un singolo (anche docente) diventi proprietario di un sapere, anche se da lui prodotto (piu' volte ci siamo chiesti qual'e' il confine grazie a cui posso separare il risultato della mia produzione intellettuale dai contributi esterni grazie a cui sono riuscito ad arrivare a produrre la mia produzione intellettuale?).<br>
<br>
<br>
F. non pensi che una ricerca sia un prodotto d'ingeno (che vuol dire studio, allenamento, volontà) e chi l'ha realizzata ne sia il proprietario? Così come un opera d'ingegno è un'opera d'ingegno e chi l'ha realizzata ne è il legittimo proprietario.<br>
</blockquote>
<br>
<br></div>
No.<br>
Ho sempre affermato che per quanto sia piacevole il vedersi riconoscere dei meriti, soprattutto nell'ambito della produzione intellettualer, sia difficile separare cio' che e' il risultato degli sforzi del singolo dagli sforzi collettivi passati o presenti.<br>
Nel campo del software si ha un esempio lampante.<br>
La maggiornaza dei prodotti sono fatti di innumerevoli linee di codice la cui maggioranza e' di solito un insieme di routine che hanno una loro funzionalita' specifica e la cui realizzazione e' abitualmente frutto di un copia e incolla da un prodotto fatto da altri. Eppure si vende (e si mette sotto licenza) il prodotto nella sua interezza, senza riconoscere alcun diritto a coloro mche hanno realizzato (o inventato) tali routine logiche. E' chiaro che la programmazione e' un processo fortemente collettivo e non e' possibile realizzare un codice funzionante che non si appoggi almeno per una minima parte a delle invenzioni preesistenti.<br>
Nel campo delle idee spesso si vede premiati artisti per lavori che sono chiaramente il frutto di un'idea di altri, semplicemente confezionato in modo diverso e promosso con maggiore potenza da qualche cordata di galleristi e collezionisti.<br>
Nel campo della didattica la produzione intellettuale e' largamente il frutto dello studio del pensiero di altri su cui si va ad inserire una propria ricerca personale che produce comunque una infinitesima parte nel prodotto intellettuale finale (quando addirittura, e spesso avviene in modo inconsapevole, non sia anch'essa frutto di un'idea di altri orecchiata da qualche parte e piu' o meno inconsapevolmente rimessa in forma in modo diverso come se fosse propria).<br>
<br>
Se non fossi convinto di questo con difficolta' potrei affermare che la mia idea di Hacker Art e' quella di un'opera a cui si partecipa, non di un'opera di cui si e' gli autori.<div><br>
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<br>
<blockquote class="gmail_quote" style="margin: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; border-left: 1px solid rgb(204, 204, 204); padding-left: 1ex;">
Spero dunque in una scuola pubblica che finanzi le ricerche e le produzioni intellettuali restituendole e facendole diventare un patrimonio pubblico, non privatizzabile da alcun privato.<br>
<br>
<br>
Se la soluzione possa essere la licenza Creative Commons puo' darsi, ma con i limiti esposti sopra, ovvero che non vedo ragione per cui un investimento principalmente pubblico che viene fatto dunque principalmente a spese dei cittadini, quale e' la formazione del corpo docente scolastico e universitario, diventi poi un bene privato che il singolo docente possa decidere privatamente come rivendere, mi sembra uno dei tanti meccanismi perversi della societa' in cui viviamo.<br>
<br>
F: ma se si ancora il valore (intellettuale e anche finanziario) di un'opera d'ingegno al suo creatore non si salvano capra e cavoli? In quanto il valore resta nel territorio e la società ne riceve beneficio.<br>
</blockquote>
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<br></div>
No di nuovo per le stesse riflessioni esposte sopra.<br>
Ma anche perche' mi auguro che si possa credere in un modello comunitario internazionale, che non leghi al territorio le produzioni intellettuali (in cui sarebbe idealmente positivo un rapporto tra un gruppo americano ed uno italiano per fare l'esempio in questione). Un modello pero' che non sia legato al concetto di proprieta' privata (e di conseguenza alle volonta' imperialistiche o di profitto privato di qualcuno verso qualcun'altro) al concetto di cooperazione universale.<br>
Un'idea chiaramente non nuova che dobbiamo a mio avviso continuare a lottare per riuscire a raggiungere.<br>
Attraverso quali tipo di fasi di transizione?<br>
La Creative Commons e' uno strumento di passaggio. Cerca di porre un freno allo sfruttamento della proprieta' privata di tipo liberista. Ma concede un appiglio allo sfruttamento commerciale di un'opera da parte di un privato. Dunque e' limitata sul piano ideale e comunitario.<br>
<br>
Si dovrebbe riuscire a partire dal presupposto che non si produce intellettualemente per il proprio benessere privato ma per la comunita' e che il proprio benessere privato e' soddisfatto dalla produzione comunitaria.<br>
E' chiaro che le logiche degli attuali sistemi di produzione sono in tutt'altra direzione, ma personalmente quando ho smesso di sopravvivere attraverso la libera professione nel settore multimediale e sono riuscito ad assolvere la mia sopravvivenza attraverso uno stipendio pagato dal settore pubblico mi sono per certi versi sentito in una situazione piu' coerente con i miei presupposti etici.<br>
Ma ripeto, l'attuale logica del sistema di produzione anche nel settore del pubblico e' in modo perverso intrecciata con gli interessi privati.<br>
Dunque la scelta di agire solo nel pubblico puo' essere solo parziale in quanto presumo che si debba agire in questo momento in tutte le direzioni.<br>
<br>
Dunque le lotte dovranno essere tante e lunghe, le soluzioni in ogni momento non chiare e lineari, ma sono personalemente fiducioso che alla fine prevarra' la natura comunitaria dell'uomo.<br>
<br>
bye<br><font color="#888888">
Tommaso</font><div><div></div><div><br>
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