<table cellspacing='0' cellpadding='0' border='0' ><tr><td style='font: inherit;'><P> </P>
<P>La mia preoccupazione non è il piagnisteo sulla violenza in genere, ma il timore, purtroppo sostenuto dalla storia recente, che un'eventuale manifestazione violenta dia solo più alibi allo stato per calacare la mano, per criminalizzare chiunque. Il ricorso alla violenza, nel recente passato e non solo - parlo degli ultimi trent'anni - alla fine ha solo determinato un maggior autoritarismo, leggi speciali, etc.</P>
<P> </P>
<P>Per il resto la violenza è solo una forma del cambiamento, e questo non mi spaventa. Mi spaventa solo se la violenza diventa sintomo di altro - fondamentalmente dell'impotenza e dell'incapacità politica di intercettare bisogni - e si riduce a ricalcare i meccanismi della violenza che si vuole combattere.</P>
<P> </P>
<P>Il ricorso alla violenza - non parlo ovviamente di quanto può succedere ad una manifestazione, ma mi riferisco a qualcosa di un po' più radicale - è sempre un rischio, e se non rientra in un contesto ben preciso, diventa solo un'opzione suicida.</P>
<P> </P>
<P>Questo non esclude affatto il conflitto sociale, ma forse prima di decidere sulla violenza, occorrerebbe riflettere su come rivolgersi e coinvolgere chi è sfruttato e fa finta di no, chi è precarizzato, ed ingoia la competizione come unica difesa, chi ha paura di impoverire e invece di condividere ragioni e speranze con altri, si scaglaia contro chi sta peggio di lui (che è una delle radici psicologiche dell'ostilità contro gli immigrati, per dire...), e così via.</P>
<P> </P>
<P>L'accenno alla violenza è solo relativo alla mancanza di un'idea condivisa, che in qualche situazione e per qualcuno, potrebbe spingere a "balzi inavanti" che poi invece finirebbero per disperdere quelle poche risorse politiche, intellettuali, di lotta e di capacità di riarticolare un discorso strategico.</P>
<P> </P>
<P>Detto ciò, personalmente non ho pianto una lacrima per d'Antona o Biagi. Chi mette al servizio dello sfruttamento la sua opera, la sua intelligenza, si pone automaticamente fra coloro che operano per far sì che milioni di persne vengano sfruttate, private della felicità, della sicurezza e di una vita dignitosa. Ma allo stesso tempo la soluzione non sta in questi termini. Dobbiamo avere il coraggio di dire che non sappiamo bene quale possa essere la scelta giusta, ma la violenza per la violenza in genere non è mai una scelta.</P>
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<P>saluti libertari</P>
<P>el</P>
<P>--- Dom 27/4/08, vittoria <<A href="mailto:huambos@virgilio.it">huambos@virgilio.it</A>> ha scritto:</P>
<P><BR>Da: vittoria <<A href="mailto:huambos@virgilio.it">huambos@virgilio.it</A>><BR>Oggetto: Re: [Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione<BR>A: "redditolavoro" <<A href="mailto:redditolavoro@ecn.org">redditolavoro@ecn.org</A>><BR>Data: Domenica 27 Aprile 2008, 07:56</P>
<P><BR>Si ti capisco però sulla questione della violenza dovresti veramente <BR>chiarirti se no diventa un piagnisteo alla totonno!<BR>Qui stiamo a parlare di violenza collettiva, di risposta della classe <BR>sottoposta a quella egemone mica di violenza caratteriale!<BR>L'uso della risposta violenta ,della rottura rivoluzonaria è sempre stato<BR>un discrimine fra rivoluzionari e riformisti.<BR>Capirai che dopo Genova 2001 e dopo tutta la canea che stata fatta sulla <BR>questione della violenza e dopo che alcuni compagni rischiano 100 ANNI di <BR>galera per "fatti specifci" in merito a Genova 2001 e dopo che noi<BR>del Sud Ribelle accusati di essere "la cupola" di questi scontri siamo stati <BR>assolti, sancendo così una differenza fra chi ha reati"di pensiero"<BR>e chi ha "fatti specifici" non si può sfugggire alla questione violenza.<BR>Se no stai a dire quello che dice Bertinotti, Negri che rivaluta San <BR>Francesco, anche se i mendicati non
possono fare la questua alla basilica <BR>del santo:<BR>bell'ossimoro;-.)))))))<BR>vittoria</P>
<P>-----Messaggio Originale----- <BR>Da: "Emiliano Laurenzi" <<A href="mailto:emiliano_laurenzi@yahoo.it">emiliano_laurenzi@yahoo.it</A>><BR>A: <<A href="mailto:redditolavoro@ecn.org">redditolavoro@ecn.org</A>><BR>Data invio: sabato 26 aprile 2008 23.07<BR>Oggetto: Re: [Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione</P>
<P><BR> Parlando da perfetto eseplare precario, da lavoratore sovraistruito - <BR>e la cui possibilità di sovra-istruzione è perfettamente conforme alle false <BR>aspettative di un'università aperta a tutti e capace solo di riprodurre la</P>
<P>selezione sociale e di classe, oltre che a squalificare la formazione tout <BR>court riducendola a curriculum vitae - precarizzato, nomade per necessità e <BR>per coazione psicologica, trovo che molti discorsi su questa mailing, oltre <BR>naturalmente a testimoniare l'impegno di migliaia di persone, il loro <BR>sfruttamento e la difficoltà di fare fronte al dilagante sfruttamento <BR>legalizzato, insieme alla forza della propria partecipazione, siano il <BR>segno, e spesso la cifra, di un'impotenza teorica e concettuale molto<BR>forte, <BR>assieme alla difficoltà di intaccare l'immaginario, il vissuto, le forme<BR>di <BR>vita quotidiana di chi incrocia questi temi.</P>
<P> </P>
<P> Un esempio di questa arretratezza della "cassetta degli<BR>attrezzi" - e <BR>la mia non è un'osservazione puramente ideologica, ma anzi esattamente il <BR>contrario, ovvero una riflessione che sorge dalle forme di vita su cui <BR>agisce il capitale "come puro spirito" (per dirla con Pietro<BR>Barcellona) - è <BR>la difficoltà con cui si coinvolgono e si organizzano proprio i precari. <BR>Paolo Virno, in "Grammatica della moltidutine" - lo so... a questo<BR>punto <BR>qualche onesto operaio avrà già le palle piene di un cognitario che fa il <BR>receptionist con un contratto a due mesi della Obiettivo lavoro... e cita <BR>libri! :-P - coglieva proprio questa inadeguatezza della strumentzione <BR>ideologica verso un mercato capitalistico che ha fatto proprio lo slogan<BR>"la <BR>fantasia al potere", che ha fatto propria la sostituzione del popolo con<BR>la <BR>moltitudine (declinando questa moltitudine sul versante del
consumo come <BR>unico appagamento sensoriale, e mai come cittadinanza).</P>
<P> </P>
<P> Lo sciopero, l'analisi dei rapporti di forza, il rapporto coi <BR>migranti - verso i quali nutro la massima solidarietà, ma che come noi sono <BR>portatori spesso di istanze prettamente massimaliste: fammi avere i soldi ed <BR>i permessi necessari per fare la vita del tranquillo consumatore, e la <BR>rivendicazione arriva solo lì... - le contraddizioni profonde, ingiuste, <BR>omicide, che oggi dominano il lavoro, ma che rimangono tali e non catturano <BR>la partecipazione.</P>
<P> </P>
<P> Come riconquistare un'idea di futuro - che è la base per sviluppare <BR>qualsiasi idea di solidarietà e - senza ripercorrere strategie che alla <BR>lunga ci chiudono solo in un fortino, destinati a soccombere? Un futuro, una <BR>speranza di felicità, l'ironia del conflitto. la capacità di socializzare</P>
<P>sofferenze e speranze, valori, se non uso una parola grossa.</P>
<P> </P>
<P> Invece le lotte, gli sciperi, anche le vittorie che si ottengono, <BR>cadono in un vuoto assordante, fuori dalle mailing, fuori dai luoghi dove ci <BR>si incontra tra simili, l'agenda politica e sociale è un'altra,<BR>becera, <BR>razzista, quello che volete, ma determina le priorità.</P>
<P> </P>
<P> Noi dovremmo ricominciare a pensare come scardinare quest'ordine di <BR>cose, quale disegno strategico, di lunga portata seguire, e non solo come <BR>contrastare. Dare al nostro desiderio una forma riconoscibile, <BR>condivisibile. Perché altrimenti il dolore, lo sfruttamento, generano solo <BR>rabbia, e la rabbia che non trova un impiego razionale, coerente, condiviso, <BR>genera violenza.</P>
<P> </P>
<P> La stessa violenza che arma la mano dello stato, che criminalizza chi <BR>contesta, anche semplicemente chi si oppone.</P>
<P> </P>
<P> Io mi sento smarrito, e sento altrettanto smarrimento negli stessi <BR>proclami sindacali. Le nostre speranze devono essere nutrite dalla <BR>dimensione stessa del nostro smarrimento (almeno del io), ma per fare questo <BR>occorre ripensare parecchie categorie politiche e di lotte, oltre che avere <BR>il coraggio di ripensare - senza fare tabula rasa, questo è ovvio, ma in <BR>maniera profondamente innovativa e critica - il complesso delle nostre <BR>strategie, e anch dei nostri immaginari.</P>
<P> </P>
<P> Sono stato di sicuro incompleto - scrivere mentre si sta al <BR>lavoro... - ma spero di aver portato un contributo critico, una <BR>testimonianza di sofferenza e anche di spaesamento rispetto a argomenti e <BR>pretese di forza di cui io non vedo alcun riscontro nella politica e nei <BR>conflitti odierni (e non perché vivo altrove o ficco la testa sotto la <BR>sabbia...</P>
<P> </P>
<P> saluti libertari</P>
<P> el</P>
<P> --- Sab 26/4/08, vittoria <<A href="mailto:huambos@virgilio.it">huambos@virgilio.it</A>> ha scritto:</P>
<P><BR> Da: vittoria <<A href="mailto:huambos@virgilio.it">huambos@virgilio.it</A>><BR> Oggetto: Re: [Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione<BR> A: "redditolavoro" <<A href="mailto:redditolavoro@ecn.org">redditolavoro@ecn.org</A>><BR> Data: Sabato 26 Aprile 2008, 08:37</P>
<P><BR> Stranamente? sono contenta che in mezzo a tanti comunicati sindacali e<BR> trionfalistici persino arriva una meil che esprime un disagio ed uno<BR> smarrimento reale.<BR> vittoria</P>
<P> -----Messaggio Originale----- <BR> Da: "Emiliano Laurenzi" <<A href="mailto:emiliano_laurenzi@yahoo.it">emiliano_laurenzi@yahoo.it</A>><BR> A: <<A href="mailto:redditolavoro@ecn.org">redditolavoro@ecn.org</A>><BR> Data invio: venerdì 25 aprile 2008 22.01<BR> Oggetto: [Redditolavoro] l'ingiustizia e la ribellione</P>
<P><BR> Ed intanto la Fiat fa profitti d'oro. E le morti sul lavoro<BR> scandiscono l'ingiustizia mortale che si apre come una ferita<BR> nell'indifferenza di un paese ignorante e bigotto. Non popolare ma <BR>plebeo.</P>
<P> </P>
<P> Nella tristezza di questo giorno che devo passare al lavoro, <BR>invece di<BR> stare in piazza, lumpen-proletario precario, con uno straccio di <BR>coscienza<BR> di classe, senza persone attorno con cui condividere, ma solo clienti<BR> danarosi e bastardi, vestito come un pupazzo, mi sento prigioniero.<BR> Prigioniero di una società radicalmente violenta, in cui la <BR>solidarietà è<BR> come qualcosa di cui sento parlare ma che raramente incontro come una <BR>radice<BR> che nutre i rapporti umani, e di classe. Forse perché lavoro in un <BR>terziario<BR> immateriale, in cui la mia istruzione è solo la cifra del mio <BR>sfuttamento e<BR> della
manchevolezza della mia coscienza politica. In parte. In parte è <BR>vero.</P>
<P> </P>
<P> Quanta ingiustizia siamo disposti a sopportare senza cadere <BR>nella<BR> trappola della violenza. Ogni giorno lavoratori muoiono uccisi nei <BR>cantieri<BR> del massacro. Il loro sangue produce solo la ricchezza di chi li <BR>uccide e la<BR> malcelata insofferenza dell'audience politica e di milioni di persone<BR> rassegnate a chinare la testa, o a guardare altrove.</P>
<P> </P>
<P> Mi interrogo su quali attrezzi nella cassetta dell'antagonismo<BR> mancano. Se ancora non usiamo concetti, metodi e categorie politiche <BR>ormai<BR> spuntate come armi, inefficaci, anche autoreferenziali. Qual'è la <BR>soglia<BR> di<BR> sopportazione del nostro popolo? Se c'è un popolo e non solo<BR> telespettatori...</P>
<P> </P>
<P> saluti libertari</P>
<P> el</P>
<P> </P>
<P> <BR>--------------------------------------------------------------------------------<BR> Inviato da Yahoo! Mail.<BR> La casella di posta intelligente.</P>
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<hr size=1>
Tante idee per la salvaguardia del pianeta su<br> <a
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