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<a href="http://falcee.blogs.it/2008/07/17/un-operaio-della-gkn-firenze-scrive-17-l-4461652" title="UN OPERAIO DELLA GKN FIRENZE SCRIVE...(17 LUGLIO 2008)"><h2 class="post-title">
                                        UN OPERAIO DELLA GKN FIRENZE SCRIVE...(17 LUGLIO 2008)</h2></a>
                        
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                                                        by                                                         <a href="http://www.blogs.it/user/falce/" title="View complete profile"><!--<a href="http://falcee.blogs.it?author=127744" title="Browse all posts by this author">-->falce</a>
                                                         @ 2008-07-17 - 18:54:58                                                 </div>
                        
                                                        <a href="http://www.blogs.it/media/photo/operai_gkn/2667071" title="OPERAI GKN"><img src="http://data5.blog.de/media/071/2667071_c5e31009f6_m.jpeg" alt="OPERAI GKN" hspace="5" vspace="5"></a><BR>
        RICEVIAMO
VOLENTIERI E PUBBLICHIAMO QUESTO SPUNTO DI UN OPERAIO DELLA GKN FIRENZE
CHE TOCCA ALCUNI NODI DI FONDO DELLA SITUAZIONE NEL QUALE SI TROVANO
GLI OPERAI, OGGI.<BR>
        UNO SPUNTO AL DIBATTITO FRANCO FRA OPERAI
CHE DEVONO RICOSTRUIRE LA LORO FORZA POLITICA E SINDACALE SENZA
ASPETTARSI NULLA DA CHI FINO A ORA HA PRETESO DI "RAPPRESENTARCI" SENZA
AVERNE LA CONDIZIONE, FINENDO COME VEDIAMO PER AVVALLARE "ADATTANDOSI"
ALLO SFRUTTAMENTO DEI PADRONI SU GLI OPERAI.<BR>
        UNO SPUNTO UTILE
ANCHE AL DIBATTITO PER TUTTI QUEI MILITANTI CHE PUR NON PROVENENDO
DALLE FILA OPERAIE, VOGLIANO SEGUIRE LE LORO LOTTE, MOVIMENTI,
CRITICHE, E UNA NUOVA INDOMITA ORGANIZZAZIONE POLITICA PER L'ABOLIZIONE
DEL SISTEMA DEL LAVORO SALARIATO...<BR>
        La lotta di classe non esiste più? <br>A cura di Matteo Moretti, Rete 28 aprile fabbrica Gkn di Firenze <BR>
        Giovedì, 17 Luglio 2008 - 10:46 <BR>
        La
lotta di classe non esiste più? Ci dicono che la lotta di classe non
c'è più. Questo è quello di cui ci vogliono convincere, perchè i
lavoratori finiscano per assistere passivi alla lotta di classe che
quotidianamente i padroni portano avanti. E' sufficiente dare un occhio
alla distribuzione della ricchezza negli ultimi anni. La Bri (che
raduna tutte le banche centrali) fornisce i dati su come la ricchezza
si è spostata dal 1980……500 euro al mese trasferiti dai salari ai
profitti ……! Dunque, in appena un quarto di secolo, il sistema delle
imprese ha sottratto ai salari 8 punti percentuali del Pil . <br>Prima
degli anni '80, i profitti delle imprese si prendevano il 23 % del Pil.
Ora si intascano quasi il 32. Una redistribuzione gigantesca, uno
spostamento di ricchezza nelle mani di chi già ne possedeva tanta. Per
capire: 8 punti di Pil - con i "numeri" del Pil odierno -
significherebbero 120 miliardi di euro. <BR>
        Se fosse
"cancellato" l'ultimo quarto di secolo, se i rapporti fra lavoro e
imprese tornassero indietro nel tempo - diciamo a prima della sconfitta
alla Fiat - oggi i diciassette milioni di stipendiati e salariati
avrebbero settemila euro in più in busta paga, ogni anno. Dunque, più
profitti e meno salari. Come è stato possibile? Il punto di partenza
sono gli anni '60, il boom economico, la "ripartenza" dell'Italia dopo
le difficoltà del dopo guerra. In quegli anni, il sistema delle imprese
si "accontentava" del 23% del Pil. Qualche frazione di punto in più, a
favore del salario, lo si registra alla fine degli anni '60, durante
l'"autunno caldo". Numeri quasi impercettibili. La scossa, quella vera,
la si registra a metà degli anni '80. I "profitti" salgono e si
accaparrano una fetta sempre più grande della ricchezza prodotta in
Italia. La spiegazione è semplice: gli anni nei quali i "sensori"
economici hanno rilevato uno spostamento dai salari alle imprese erano
stati preceduti dai 35 giorni di occupazione a Mirafiori, nell'autunno
dell'80. <BR>
        La più dura prova del sindacato italiano nel
dopoguerra, che si è chiusa esattamente come la Fiat aveva sperato: con
l'affermazione della "legittimità" dei licenziamenti di massa. Poi
venne il taglio dei punti di scala mobile a metà degli anni '80. Eppure
anche elementi così rilevanti nella storia sociale di questo paese non
hanno avuto il peso degli accordi siglati da sindacato, Confindustria e
governo agli inizi degli anni '90. Accordi il cui risultato è leggibile
benissimo nei dati forniti dalla "Banca dei regolamenti
internazionali": a metà degli anni '90, i profitti sfondano il muro del
30%. Da allora in poi, le imprese si sono prese più di un terzo del
prodotto interno lordo. Anche qui, la spiegazione, forse, è più
semplice di quel che si possa pensare. Certo ci si riferisce a fenomeni
internazionali, a tendenze dell'economia globale che si sono affermate
nel corso di decenni, ma che pure sono "leggibili" nel nostro paese in
fatti concreti, databili con esattezza. <BR>
        Nell'estate del '92,
la trattativa a tre, (governo, confindustria, direzioni sindacali)
decise di eliminare ciò che restava della scala mobile, quel sistema
automatico di protezione dei salari che compensava le buste paga dagli
effetti dell'aumento del costo della vita. Di più, l'anno successivo,
il 23 luglio - data che dà il nome all'accordo - gli stessi
protagonisti decisero, di fatto, di mettere un tetto ai salari. Si
decise che gli aumenti delle buste-paga, nei rinnovi contrattuali,
sarebbero stati legati solo all'inflazione programmata. Iniziava l'era
della concertazione. <BR>
        La Ires-cgil pochi mesi fa ha
pubblicato i dati sull’andamento dei salari italiani , che confermano
il totale disastro prodotto dalla concertazione basata su gli accordi
del luglio 1992-93. Nel 1993-2006 i salari lordi di fatto tengono a
malapena il passo dell’inflazione (ufficiale), mentre quelli
contrattuali perdono in media lo 0,5% all’anno. Negli anni 2002-2007 la
perdita del potere d’acquisto è pari a oltre 1200 euro l’anno, ai quali
vanno aggiunti quasi 700 euro di mancata restituzione del fiscal drag2
che portano la perdita complessiva a 1900 euro. Mentre i padroni
strillano contro le imposte, l’aliquota Irpef (imposta sul reddito
delle persone fisiche) effettiva pagata dai lavoratori sale dal 18,5
del 2000 al 19,6 del 2006. L’arretramento generale si accompagna a un
aumento delle differenze: nel 2006 il “lavoratore standard” guadagnava
1171 euro, che scendono a 969 nel mezzogiorno, a 961 per le donne, a
866 nelle piccole imprese, a 856 per gli immigrati, a 854 per i
giovani. I profitti viceversa schizzano alle stelle. Il modesto aumento
della produttività creato in questi 13 anni è andato per il 13% ai
salari, per l’87% alle imprese. Secondo il campione di Mediobanca (1000
imprese con circa un milione di dipendenti), tra il 1995 e il 2006 i
salari aumentano in media dello 0,4 % annuo, i profitti dell’8,1%:
oltre 20 volte di piu! Una lotta di classe unilaterale condotta dai
padroni!!!! <BR>
        A conti fatti, i salari sono così risultati
l'unico "elemento" economico sotto controllo. I prezzi hanno continuato
a crescere, le tariffe pure, la spesa pubblica, la spesa sociale a
ridursi. Ma le buste-paga hanno dovuto fare riferimento solo
all'inflazione programmata. Nel giro di poco tempo, meno di un
decennio, venti milioni di persone hanno visto ridursi - e
consistentemente - gli strumenti che si erano inventati a tutela dei
loro redditi. Prima la contingenza - appunto, la scala mobile - poi il
valore economico del contratto nazionale. Anche allora - esattamente
come avviene in questi giorni - si disse che la "perdita" su quei due
versanti sarebbe stata compensata da un incremento della quota salari
da redistribuire nella contrattazione articolata, nelle vertenze di
fabbrica (contrattazione di secondo livello). Non è stato vero, non è
vero. La contrattazione articolata ha interessato meno del 20% dei
lavoratori. E non sembra finita. <BR>
        Non sembra proprio finita.
Perché proprio in questi giorni i vertici Cgil, Cisl e Uil hanno
annunciato di aver raggiunto un accordo. Accordo che pomposamente
chiamano di riforma della struttura contrattuale. Anche in questo caso,
però, nulla di nuovo. Insomma: si va nella stessa direzione di sempre.
L'idea è quella di trasferire ulteriori risorse verso la contrattazione
aziendale, continuando a rendere sempre più sottile il contratto
nazionale. Di più: l'idea, sostenuta da tutte e due le più grandi forze
politiche che si sono "fronteggiate" in questa campagna elettorale, è
quella di legare il salario alla produttività nelle aziende. Guadagni
di più solo se produci di più, guadagni di più solo se l'azienda è in
grado di produrre di più. Sta per saltare, insomma, l'ultimo strumento,
tenue, a difesa dei salari. E quel terzo di Pil intascato dalle imprese
continuerà a crescere. Come è avvenuto in tante altre parti del mondo:
come in Giappone dove negli stessi venticinque anni, i profitti sono
aumentati di nove punti, o in Spagna, dove in venticinque anni si è
passati dal 27 al 33%. E dire che appena poche settimane fa, in piena
campagna elettorale, tanti - anche quelli che non avevano le carte in
regola per farlo - mettevano l'accento sulla "questione salariale". Chi
non ricorda le tante denunce sulla terza settimana, sull'impossibilità
per una famiglia su tre ad arrivare alla fine del mese? Ora è tutto
dimenticato, ora si va in un'altra direzione. Lo fa anche il sindacato,
che sta trasformandosi sempre più in un sindacato dei servizi.
Nonostante questo spostamento di ricchezze il capitalismo italiano
rimane indietro nella competizione economica mondiale, i padroni
investono poco e competono comprimendo salari e condizioni di lavoro.
Noi lavoratori siamo travolti da una crisi sociale molto profonda. Per
questo non possiamo sperare di difenderci solo nel nostro piccolo
orticello. Per questo non possiamo più accettare di essere divisi tra
lavoratori di diverse nazioni, di diversa bandiera, tra lavoratori di
aziende diverse, mansioni diverse, con contratti diversi ecc. ecc.
Perchè alla fine, se non facciamo noi una politica e un sindacato a
favore dei lavoratori, chi lo farà? Se non tu, chi? Se non ora, quando?
<BR>
        A cura di Matteo Moretti, Rete 28 aprile Gkn di Firenze
<BR>
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