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<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face=Arial><span
style='font-size:10.0pt;font-family:Arial'>Ricevo e giro. </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face=Arial><span
style='font-size:10.0pt;font-family:Arial'>Devo aggiungere che Taranto risulta
la città con la percentuale più alta in Italia di tumori nelle vie
respiratorie, Che i morti per cancro ai polmoni da addebitare all’amianto
sono in percentuale vicino al 100% per gli ex dipendenti dello stabilimento.
Che nello stabilimento vi sono circa un infortunio al giorno e tutti gravi perché
quelli , diciamo così, leggieri non sono denunciati per paura di ritorsione. Il
direttore dello stabilimento ed il capo del personale , dopo anni di
battaglie, sono stati condannati dal tribunali per mobing. Costringevano
infatti “ a lavorare “ in una palazzina ( la palazzina Laf) tutti
gli ex sindacalisti e contestatari . La palazzina era costituita da tante
stanzette, tutte dipinte di bianco con una sedia ed una scrivania, con il
divieto di appendere quadri o qualsiasi altra cosa alle pareti, e null’altro
intorno. I dipendenti ( o carcerati ) dovevano stare rinchiusi nella stanzette
8 ore al giorno a far nulla con il divieto anche di poter parlare fra loro. I
telefoni chiaramente non vi erano se non uno pubblico a gettoni fuori dalla
palazzina . </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face=Arial><span
style='font-size:10.0pt;font-family:Arial'>L’80% dei dipendenti sono
giovani , per lo più laureati, o comunque figli di dipendenti anziani. E questo
è stato già il primo ricatto “ o il dipendente marciava e zitto oppure
non assumevano il figlio ( ed in una città fatta di disoccupati a vita questo
rappresenta un bel ricatto) Tutte le assunzioni erano prima a formazione e
lavoro con scadenza trimestale ( di qui ancora di più il ricatto ripetuto nel
tempo ai dipendenti anziani), poi grazie alla “flessibilità” le
assunzioni a tempo, a settimana, a rotazione ,con tutte le possibili varianti
sono utilizzate. In unop stabilimento con cui devi convivere con il pericolo e
la convivenza voleva dire conoscenza dei rischi e pericoli, conoscenza dell’impianto
voleva dire professionalità e con i giovani che vengono assunti a periodi tutto
questo non si ha. </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face=Arial><span
style='font-size:10.0pt;font-family:Arial'>Tutto questo per la borghesia italiana
non è mai esistito , ma applaudo al padron Riva per i successi di bilancio
raggiunto. </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><b><font size=2 face=Arial><span
style='font-size:10.0pt;font-family:Arial;font-weight:bold'> </span></font></b></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><b><font size=2 face=Arial><span
style='font-size:10.0pt;font-family:Arial;font-weight:bold'> </span></font></b></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><b><font size=2 face=Arial><span
style='font-size:10.0pt;font-family:Arial;font-weight:bold'> </span></font></b></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>Al Direttore del Corriere
della Sera</span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'> </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'> </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>Egregio Direttore,</span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'> </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>l’articolo “Le
due casseforti di Riva, re dell’acciaio” di Roberta Scagliarini sul
Corriere della Sera del 17 agosto fotografa in maniera ineccepibile lo
straordinario successo imprenditoriale del Gruppo Riva e del suo fondatore
Emilio Riva. Dall’articolo tuttavia non emerge che la gran parte degli
stratosferici utili accumulati dal Gruppo negli ultimi quattro anni proviene
dallo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto. Ci sia permesso di illuminare
l’altra faccia della medaglia di questo eccezionale successo. Da oltre 40
anni i Tarantini subiscono le conseguenze delle emissioni inquinanti
dell’Ilva, un tempo di proprietà dello Stato e nel 1995 acquistata dal
Gruppo Riva. L’importanza strategica per l’Italia di questo colosso
siderurgico e la benevolenza dei potenti hanno fatto sì che per tutto questo
tempo l’inquinamento ambientale prodotto dal più grande stabilimento
siderurgico d’Europa non fosse contrastato come occorreva. Da poco tempo
i Tarantini hanno preso coscienza del loro diritto a vivere in un ambiente non
inquinato, diritto naturale sancito più di un decennio fa dalla Comunità
Europea ma a lungo ignorato in Italia per irresponsabile disinteresse dei
governi e di gran parte dei parlamentari nonché. Non mancano inoltre le
responsabilità dei Sindaci, massimi tutori della salute dei cittadini in virtù del
Testo unico sanitario del 1934. Sono del 1996 le norme europee che hanno
stabilito che anche le aziende italiane, Ilva inclusa, dovessero dotarsi di Autorizzazione
Integrata Ambientale (AIA) entro il 30 ottobre 2007. L'AIA prevale su tutte le
autorizzazioni precedenti e condiziona l'esercizio degli impianti </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>all'adozione delle migliori
tecnologie disponibili e alla massima riduzione delle emissioni di inquinanti
in aria, acqua e suolo. In Europa, gli impianti privi di AIA non sono
autorizzati a funzionare. Alla data del 30 ottobre 2007 nessuna grande azienda
italiana era in possesso dell’AIA e tutte hanno continuato a produrre ed
a inquinare. In più, gli Italiani ed i Tarantini in gran parte non sanno che al
danno subito per l’inquinamento non contrastato si aggiungerà la beffa
delle salatissime multe che la Comunità Europea comminerà allo Stato italiano
per infrazione della legge comunitaria del 1996 relativa all'AIA, multe che gli
Italiani pagheranno con le tasse, mentre ai veri colpevoli
dell’infrazione non verrà chiesto un euro. A Taranto, dichiarata per
legge “città ad elevato rischio di crisi ambientale”, è stata
accertata inequivocabilmente l’emissione continuativa di diossina
dall'impianto di agglomerazione dell'Ilva, con valori tali che l'impianto dovrebbe
essere chiuso se si trovasse in altri Stati europei. In Italia, però,
"misteriosamente" è stato definito per legge un limite per la
diossina “siderurgica” irragionevolmente alto, tale da porci
nettamente al di sopra dai valori indicati dal Protocollo di Aarhus.</span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'> </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>Quel limite abnorme adottato
dalla legge italiana per la diossina (10000 nanogrammi calcolati in
concentrazione totale) resta immodificato nonostante rapporti ufficiali di organismi
dello Stato, dichiarazioni di Sottosegretari del Ministero della salute,
interrogazioni parlamentari, richieste ufficiali del Presidente della Regione
Puglia, Ordini del Giorno di Consigli comunali, appelli di associazioni,
comitati e cittadini al Presidente della Repubblica ed altro. Solo nel
civilissimo Friuli Venezia Giulia è stato possibile adottare il limite europeo
per la diossina proveniente dall'impianto di agglomerazione.</span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'> </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>Ora, con la procedura
nazionale dell’AIA e con l’Accordo di Programma del 11 aprile 2008,
specifico per il territorio di Taranto e Statte, firmato da tre Ministeri,
Agenzie nazionali, Presidente di Regione ed Enti Locali e sottoscritto da 7
aziende che operano nel territorio, Ilva SpA inclusa, si presenta l’occasione
storica per mettere fine alla catena di ritardi, omissioni e distorsioni che
hanno caratterizzato l’intera vicenda dell’inquinamento ambientale
di origine industriale a Taranto. Il nostro obiettivo è quello di contribuire a
conciliare la sopravvivenza dell’azienda con i sacrosanti diritti alla
salute, alla sicurezza e all’ambiente, in una parola, alla vita e alla
salute dei Tarantini, compromessa dai veleni che quotidianamente vengono sparsi
nel cielo e nel mare di Taranto. Tanto per fare un esempio, secondo i dati di
stima dell’INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e delle Sorgenti),
il 90,3% della diossina industriale in Italia verrebbe prodotta a Taranto e
precisamente dall'Ilva.</span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'> </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>Il nostro obiettivo è
pertanto quello di porre fine a questo scandalo nazionale ed europeo.</span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'> </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>Per fare questo occorrono
grandi e specifici investimenti finanziati dall’Ilva utilizzando una
parte degli stratosferici utili accumulati, senza peraltro trascurare le
possibilità offerte dalla Comunità Europea con i Fondi strutturali 2007 –
2013. E’ necessario, però, che il Gruppo Riva presenti un nuovo piano di
adeguamento dello stabilimento alle MTD (Migliori Tecnologie Disponibili):
quello presentato dall’azienda il 10 giugno 2008 è insufficiente oltre
che inattendibile. L’Associazione PeaceLink ha ripetutamente sfidato
l’Ilva ad un pubblico confronto su quel piano che rimanda al 2014 gli
investimenti per ridurre la diossina a livelli “europei”. Ad oggi
dichiara di non essere disposta a scendere sotto i 3,5 nanogrammi a metro cubo
di diossina (calcolati in tossicità</span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>equivalente) quando invece
esistono tecnologie (come la MEROS applicata in</span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>Austria) che potrebbero far
scendere quelle emissioni sotto il livello di 0,1 nanogrammi a metro cubo.
Siamo quindi di fronte a un’azienda che, come ben documentato dal
Corriere della Sera, fa utili e naviga nell’oro ma lesina quando si
tratta di investire nelle migliori tecnologie per abbattere le proprie
micidiali emissioni cancerogene e genotossiche.</span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'> </span></font></p>
<p class=MsoNormal style='text-autospace:none'><font size=2 face="Courier New"><span
style='font-size:10.0pt;font-family:"Courier New"'>Prof. Alessandro Marescotti
– Presidente Nazionale di PeaceLink Ing. Biagio De Marzo –
Portavoce di PeaceLink Nodo di Taranto</span></font></p>
<p class=MsoNormal><font size=2 face=Arial><span style='font-size:10.0pt;
font-family:Arial'> </span></font></p>
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