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<DIV><FONT face=Georgia><STRONG><FONT color=#800080 size=6>Nel silenzio
generale, Berlusconi privatizza l'acqua
<BR></FONT></STRONG><BR><BR></FONT></DIV>
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<DIV><BR><FONT face=Georgia><SPAN style="FONT-STYLE: italic">di</SPAN> <SPAN
style="FONT-WEIGHT: bold">Alessio Marri</SPAN> - <SPAN
style="FONT-STYLE: italic">Megachip</SPAN></FONT></DIV>
<DIV><FONT face=Georgia><SPAN style="FONT-STYLE: italic"><SPAN
style="FONT-STYLE: italic"><STRONG><FONT size=1>26/11</FONT><FONT
size=2>/08</FONT></STRONG></SPAN></SPAN><BR>“Ferma restando la proprietà
pubblica delle reti (idriche ndr), la loro gestione può essere affidata a
soggetti privati”. È il 6 agosto 2008, il governo Berlusconi, approvando la
legge di conversione n°133 “recante disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e la perequazione tributaria”, sancisce di fatto la
privatizzazione dell'acqua pubblica. O meglio ancora, introduce la possibilità
per gli enti privati, che ne assumeranno l'incarico, di gestire e controllare
beni primari di servizio pubblico. L'acqua su tutte. <BR><BR><BR>Cambiano le
parole, si nascondono i significati, ma la sostanza non cambia: l'acqua in
Italia è stata privatizzata. Da diritto acquisito diventa merce, prodotto
commerciale soggetto alle regole del mercato. Lo stesso sistema che solo
nell'ultimo anno si è dimostrato pronto a implodere su sé stesso, con fallimenti
a catena di banche e assicurazioni.<BR>Il decreto legge n°133, voluto fortemente
dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, parla chiaro: si interviene “al fine
di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di
stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori
economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito
locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed
accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle
prestazioni”. <BR>Eppure, dopo un rapido sguardo alle esperienze cosiddette
“pilota” della provincia di Latina, sorgono non pochi dubbi proprio sulle
garanzie di accesso al servizio. <BR>In città come Aprilia, comune che ha
sposato il progetto di privatizzazione dell'acqua già da diversi anni, si è
assistito a un processo rapido e febbrile di innalzamento vertiginoso dei costi
delle tariffe (+ 300%). <BR>E non solo.<BR>Si è instaurata infatti una nuova
procedura per tutti coloro che, per necessità o per scelta, non possono
permettersi i costi aggiuntivi imposti da AcquaLatina, società ormai sotto il
controllo della multinazionale Veolia, che ne possiede il 46,5% delle azioni.
Esattamente come nel terzo mondo, vigilantes e forze dell'ordine sono assoldati
per rimuovere contatori e bloccare rubinetti. Ma non basta. Nel territorio
pontino, oltre agli aumenti sconsiderati delle bollette, si è registrato un
drammatico scadimento della qualità dell'acqua: nel 2005, ad esempio, a Cisterna
sono stati riscontrati tassi di arsenico pari a 200 microgrammi per litro, oltre
il 70% del volume idrico disperso o non giunto a fatturazione.<BR>Nella storia
recente un caso limite sul fronte della privatizzazione dell'acqua è avvenuto in
Bolivia nei primi anni del nuovo millennio. A seguito dei debiti contratti dai
prestiti-killer della Banca Mondiale per lo Sviluppo, il governo boliviano fu
costretto a svendere nelle mani di corporation americane le risorse petrolifere,
la compagnia aerea di bandiera, le ferrovie e la gestione dell'energia
elettrica. Le risorse idriche vennero date in concessione alla Bechtel
Corporation di San Francisco. Il contratto prevedeva la proibizione di far
propria l'acqua piovana, anch'essa per assurdo era divenuta proprietà e
patrimonio della multinazionale californiana. Per i debitori era persino
contemplata la confisca dell'abitazione. Nell'aprile del 2000 la popolazione
locale sfiancata dall'impossibilità di sopportare le nuove tariffe imposte, si
ribellò. Nonostante una repressione violentissima che costò la vita a sei
persone, tra cui due bambini, e centinaia di feriti provocati dal governo
schierato a difesa degli interessi della corporation, l'esercito e la polizia
rientrarono nelle caserme e il popolo boliviano riuscì a riprendere il controllo
dell'acqua. <BR>In Italia è solo questione di tempo. Nei giorni scorsi, tra
l'indifferenza generalizzata dei media italiani, un secondo forum dei movimenti
dell'acqua è stato organizzato per ridare vigore alla battaglia di questo
fondamentale bene comune. <BR>Nel 2006 più di quattrocento mila firme furono
raccolte a sostegno della legge d'iniziativa popolare che vede come primo punto
il riconoscimento dell'acqua come “diritto inalienabile ed inviolabile della
persona”. Ma la sensazione forte è che la straordinaria raccolta firme sia già
stata oscurata. Con un semplice colpo di spugna. Seguendo il manuale del “buon
governo” che approva leggi impopolari e antidemocratiche proprio quando
imperversa l'afa estiva e l'attenzione della stampa è rivolta altrove.
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