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<P><STRONG>Senza Soste: "colpire al cuore del PD"</STRONG></P>
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<DIV><FONT face=Georgia size=1>---- Original Message ----- </FONT></DIV>
<DIV style="BACKGROUND: #e4e4e4; font-color: black"><FONT face=Georgia
size=1>From: </FONT><A title=mcsilvan_@libero.it
href="mailto:mcsilvan_@libero.it"><FONT face=Georgia
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<DIV><FONT face=Georgia size=1>To: </FONT><A title=marxiana@yahoogroups.com
href="mailto:marxiana@yahoogroups.com"><FONT face=Georgia
size=1>marxiana</FONT></A><FONT face=Georgia size=1> </FONT></DIV>
<DIV><FONT face=Georgia size=1>Sent: Sunday, December 21, 2008 7:39
PM</FONT></DIV>
<DIV><FONT face=Georgia size=1>Subject: [marxiana] colpire al cuore del
PD</FONT></DIV>
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<DIV><FONT face=Georgia size=2>vi anticipo l'editoriale di Senza Soste
sulla<BR>crisi del PD</FONT></DIV>
<DIV><FONT size=2><A href="http://www.senzasoste.it/"><FONT face=Georgia
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<DIV><BR></DIV></FONT><FONT size=2>
<DIV><BR><FONT face=Georgia>mcs<BR><BR>Tra i dibattiti che continuamente si
rinnovano nella sociologia giuridica quello sulla politicizzazione della norma
tocca sempre livelli di straordinaria complessità. Gunther Teubner ad esempio
sostiene da tempo che nelle società liberiste la politicizzazione della norma,
ovvero la sostanza politica che questa contiene nel momento della sua
costruzione e in quello della sua applicazione, è un fenomeno abituale quando
politica ed economia sono strettamente intrecciate. Normando l’economia si norma
quindi il suo intreccio con la politica richiedendo così un piano di
legislazione, e della sua interpretazione, che è politico di fatto. Le accuse di
“politicizzazione della magistratura” contengono quindi un fondo di verità e uno
di confusione perché, a questo livello contemporaneo di complessità della norma,
i fatti sono due: o si elimina il piano normativo dei conflitti, facendo subito
emergere quello selvaggiamente politico, o si rimuove il fatto che la norma
nella società contemporanee contiene un ineliminabile piano politico.<BR>Allo
stesso tempo assistiamo, in parallelo, al fenomeno della spoliticizzazione del
ceto politico istituzionale. Siccome il ceto politico si è sganciato dalla
società, perché nelle società capitalistiche contemporanee le risorse economiche
non vanno in direzione del sociale, questo ormai usa il consenso ottenuto per
via elettorale in tre direzioni: come potere di applicazione dei trattati
internazionali e delle direttive degli organi sovranazionali, come potere
legittimante in ultima istanza gli atti amministrativi, come potere da
utilizzare per trasformare i beni pubblici in accumulazione privata con ogni
mezzo necessario. <BR>La spoliticizzazione del ceto politico convive quindi con
la norma applicata tramite atti sempre più politici e sempre più confliggenti
con le procedure della politica. C’è quindi da domandarsi dove sia la politica
nelle nostre società: se non è presente nel ceto politico lo è nella norma ma
non può in questo modo essere compiutamente presente: la repressione della
politica tramite l’applicazione della legge e la governance applicativa delle
norme non ricompongono completamente l’asse del politico. Che non si dà quindi
come elemento complessivo di regolazione o di sviluppo dell’intera società ma
come frammento di razionalità politica presente nella legge o nella governance.
La politica si diffonde ovunque fuorché nella politica, insomma, e neanche così
si ricompone del tutto. Il PD, al di là del metodo artigianale con il quale è
nato (elezioni plebiscitarie fatte di puro trasferimento di potere al leader che
costituiscono una organizzazione di forte potere verticistico ma di bassa
complessità politica a fronte di quella enorme necessaria per affrontare il
presente), non ha risolto alcuno nè dei problemi posti dal fenomeno storico
della spolicitizzazione del ceto politico né tantomeno da quello della
politicizzazione della norma. Inoltre le istituzioni sovranazionali sono in
crisi, e il crack della finanza mondiale è solo un paradigma della più generale
crisi della regolazione globale, e le stesse amministrazioni pubbliche che
funzionano utilizzando il potere politico stanno declinando nella loro capacità
di riprodursi e di fare presa sulla società. <BR>Di fronte alla crisi del piano
su cui oggi si è rifugiato il ceto politico istituzionale non c’è quindi da
stupirsi se il PD è imploso sul punto più delicato per la riproduzione del
consenso ovvero quello di essere ceto politico inteso come mediatore della
trasformazione dei beni pubblici in accumulazione privata. Infatti, quando non
funzionano i grandi istituti di regolazione tra istituzioni sul piano
internazionale, quando tra politica e amministrazione ci sono contraddizioni
immense puntualmente interviene la magistratura reprimendo il piano
dell’arricchimento privato del ceto politico. Accade oggi come è accaduto
all’inizio degli anni ’90 ed è sempre la spia del fatto che sul piano sistemico
qualcosa di serio non funziona davvero. La magistratura inoltre è a sua volta in
crisi, di risorse e funzionamento, e trova occasione di riproduzione del proprio
potere nell’attacco al ceto politico più esposto come è oggi il PD. <BR>Non
bisogna quindi avere una visione salvifica della magistratura ma capire che
oggi, quando questa attacca un ceto politico, ciò avviene perché un intero
sistema istituzionale mostra le sue crepe strutturali mentre alcune sue
componenti cercano di reagire. Insomma il potere PD è inutile, dannoso e
incapace di reagire, a differenza del PDL, di fronte agli attacchi provocati dai
poteri sistemici che si ricavano un ruolo di perpetuazione del proprio potere
corporativo facendo da anticorpi alla malattia dell’accumulazione privata
tramite beni pubblici. Malattia che di fatto, questioni di regolazione
istituzionale e amministrativa a parte, c’è e si chiama distruzione di beni e
poteri pubblici nella loro trasformazione in ricchezza e prerogative private.
Per esempio il costruttore Romeo, che sembra un personaggio uscito da un film
con Al Pacino, è paradigmatico nel suo costruire ricchezza appropriandosi di
beni pubblici con lo strumento concreto dello stravolgimento delle procedure e
avvalendosi della fanatica, in nome del denaro e del potere, collaborazione dei
quadri di mezzo PD campano e romano. In una situazione di grave scarsità di
risorse pubbliche, e di crisi complessiva di tutta l’architettura istituzionale,
è comprensibile che una parte della magistratura si sia messa ad indagare su
questo terreno. E che lo abbia fatto con disperazione, nella attuale assenza di
un progetto politico visibile da affiancare, avvalendosi però del potere
politico presente nella norma che applica compreso quello di azzeramento di una
parte significativa dell’opposizione al governo e della maggioranza di
importanti enti locali. La risposta del PD di fronte a questi enormi problemi di
complessità politica si è concentrata tutta nella banalizzazione dei problemi.
Non è possibile altrimenti, perché il PD non ha alcuna reale struttura politica
interna ma è solo un'alleanza tra clan, e non si può che pensare così di fronte
a spettacoli esilaranti come quello dell’attuale sindaco di Napoli, ex ministro
degli Interni ed ex membro della vigilanza Rai, che davanti a telecamere e
registratori digitali dice testualmente “io sono scema. Visto che sono scema, e
quindi non mi sono accorta delle violazioni della legge da parte dei miei (5!)
assessori resto al mio posto”.<BR>Al di là della situazione demenziale in cui si
è cacciata la signora Iervolino, è quindi da registrare il livello di
regressione infantile nella comunicazione politica in queste affermazioni fatte
in una conferenza stampa ufficiale, che qualifica l’improbabile spessore
politico non solo del sindaco di Napoli ma dell’intero PD. A questo punto c’è da
fare una sola considerazione: tra politicizzazione della norma e
spoliticizzazione del ceto politico non solo oggi non c’è spazio per la politica
ma non c’è nemmeno per il PD, anche nel momento in cui rappresenta un tentativo
artigianale di adattamento a questi fenomeni epocali. Ora, quel che c’è rimasto
del PD, finchè rimane, va colpito al cuore. Quindi il PD va profondamente
delegittimato in ogni momento, in ogni piano della vita sociale accompagnandone
l’auspicabile decesso. Il PD ha infatti come unica ragione sociale l’essere
occasione di accumulazione di ricchezze per i Romeo di turno, di cui l’Italia è
disseminata - si pensi che a Firenze il PD tratta con Ligresti, e non riesce
neanche ad essere utile per assolvere compiti di regolazione
istituzionale.<BR>Il PD è quindi un partito inservibile anche dal punto di vista
della stabilità sistemica. Per questo è pericoloso: perché può accettare il
salvagente offerto dal centrodestra che si chiama blindatura complessiva del
ceto politico da ogni problema normativo, di delegittimazione e di mancanza di
potere. Per questo non bisogna aver timore, sul piano dello spontaneismo
diffuso, di operare per colpirlo al cuore. Il PD è una bestia del potere
impaurita, ferita e pericolosa. E’ frutto di un lungo adattamento cieco e
criminoso del politico alle ragioni del potere ad ogni costo ed è abituato a
sopravvivere sacrificando pezzi interi di società (l’ha fatto come Pci, come Ds,
e da decenni come Cgil). La sua scomparsa può solo avere effetti liberatori
nella società italiana quanto la caduta di un tiranno. Anche perché non sarà
facile liberarsi del duce televisivo se la parte più importante dell’opposizione
parla la sua lingua e se necessita come lui di sangue fresco da estrarre
dall’esangue società italiana.</FONT></DIV>
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