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<BODY bgColor=#ffffff>
<DIV><FONT face=Arial size=2>ma perchè Fulvio a te ti pare che quell'articolo
stava a dire ste cose?</FONT></DIV>
<DIV><FONT face=Arial size=2>beh io manco le ho capite così come
Michele!</FONT></DIV>
<DIV><FONT face=Arial size=2>vittoria</FONT></DIV>
<BLOCKQUOTE
style="PADDING-RIGHT: 0px; PADDING-LEFT: 5px; MARGIN-LEFT: 5px; BORDER-LEFT: #000000 2px solid; MARGIN-RIGHT: 0px">
<DIV style="FONT: 10pt arial">----- Original Message ----- </DIV>
<DIV
style="BACKGROUND: #e4e4e4; FONT: 10pt arial; font-color: black"><B>From:</B>
<A title=fuldigior@gmail.com href="mailto:fuldigior@gmail.com">Fulvio</A>
</DIV>
<DIV style="FONT: 10pt arial"><B>To:</B> <A title=redditolavoro@ecn.org
href="mailto:redditolavoro@ecn.org">redditolavoro@ecn.org</A> </DIV>
<DIV style="FONT: 10pt arial"><B>Sent:</B> Tuesday, December 30, 2008 8:47
AM</DIV>
<DIV style="FONT: 10pt arial"><B>Subject:</B> Re: [Redditolavoro] Reply: R:
Recensione a MARX&SONS di JacquesDerrida (c'ho un sospetto...)</DIV>
<DIV><BR></DIV><FONT size=4>AMMA FA' LA LOTTA DI CLASSE</FONT><BR><BR><BR><I
style="COLOR: rgb(204,0,0)">Le condizioni economiche avevano dapprima
trasformato la massa della popolazione del paese in lavoratori. La dominazione
del capitale ha creato a questa massa una situazione comune, interessi comuni.
Così questa massa è già una classe nei confronti del capitale, ma non ancora
per se stessa. Nella lotta (…) questa massa si riunisce, si costituisce in
classe per se stessa. Gli interessi che essa difende diventano interessi di
classe. Ma la lotta di classe contro classe è una lotta politica. </I><SPAN
style="COLOR: rgb(204,0,0)">K Marx, Miseria della filosofia</SPAN><BR><BR><BR>
<DIV class=gmail_quote>Il giorno 30 dicembre 2008 2.35, <A
href="mailto:michelangelo.depinto@fastwebnet.it">michelangelo.depinto@fastwebnet.it</A>
<SPAN dir=ltr><<A
href="mailto:michelangelo.depinto@fastwebnet.it">michelangelo.depinto@fastwebnet.it</A>></SPAN>
ha scritto:<BR>
<BLOCKQUOTE class=gmail_quote
style="PADDING-LEFT: 1ex; MARGIN: 0pt 0pt 0pt 0.8ex; BORDER-LEFT: rgb(204,204,204) 1px solid"><BR>La
cosa più comica è che, in pratica, non c'ho capito una mazza di ciò che
questi "filosofi" moderni scrivono.<BR>Cioè: se si parte dal presupposto
comune che il Capitalismo non ci piace cosa si prospetta per arrivare a una
società "altra"? Io questo non l'ho capito e il fatto di non capirlo non mi
pare poca cosa.<BR><BR>Ma se c'è chi è capace di "tradurmi" questo
linguaggio da iniziati in un linguaggio da me comprensibile, bè, ne sono
felice, possibilmente mi piacerebbe che l'eventuale "traduttore" mi spieghi
se lui ha capito la risposta alla mia domanda così popolareccia: CH'AMMA FA'
PER ACCEDERE A UN SISTEMA CHE CI LIBERI DAL CAPITALISMO(O COME SOSPETTO, IL
"COMUNISMO" DOVREMMO COMINCIARE, GUARDA UN PO'! A COSTRUIRLO DA OGGI, QUI IN
QUESTA SOCIETA' SENZA PORCI IL PROBLEMA DI
SMANTELLARLA?).<BR><BR>Michele<BR><BR><BR><BR><BR><BR>---------- Messaggio
inoltrato ----------<BR>From: Emiliano Laurenzi <<A
href="mailto:emiliano_laurenzi@yahoo.it">emiliano_laurenzi@yahoo.it</A>><BR>To: clochard
<<A href="mailto:spartacok@alice.it">spartacok@alice.it</A>>, <A
href="mailto:redditolavoro@ecn.org">redditolavoro@ecn.org</A><BR>Date: Mon,
29 Dec 2008 20:20:57 +0000 (GMT)<BR>Subject: [Redditolavoro] R:
Recensione a MARX&SONS di Jacques Derrida<BR>
<TABLE cellSpacing=0 cellPadding=0 border=0>
<TBODY>
<TR>
<TD
style="FONT-FAMILY: inherit; font-size-adjust: inherit; font-stretch: inherit"
vAlign=top>
<DIV>Scusate ma Joe Strummer era il leader dei Clash, il gruppo
punk-rock inglese che aveva una precisa coscienza politica, mentre il
leader dei Sex Pistols, Sid Vicious, a dispetto della canzone "Anarchy
in the Uk" era obiettivamente qualcosa di molto meno politico.</DIV>
<DIV>Certo che iniziare un articolo che vuole fare della filosofia
politica, svarionando così alla cazzo sui nomi,e per di più proprio da
quelli con cui si vuole aprire il discorso.</DIV>
<DIV>Sid Vicious poveraccio era un drogato, morto di overdose,
innovativo certo, ma vittima degi stereotipi del'industria
culturale. In questo Sid Vicious, in quanto chiassosa alterità, era
esatamente un "servo sciocco della realtà", capace solo di
interpretarne le paure e la negazione.</DIV>
<DIV>el</DIV>
<DIV><BR>--- <B>Lun 29/12/08, clochard <I><<A
href="mailto:spartacok@alice.it"
target=_blank>spartacok@alice.it</A>></I></B> ha scritto:<BR></DIV>
<BLOCKQUOTE
style="PADDING-LEFT: 5px; MARGIN-LEFT: 5px; BORDER-LEFT: rgb(16,16,255) 2px solid">Da:
clochard <<A href="mailto:spartacok@alice.it"
target=_blank>spartacok@alice.it</A>><BR>Oggetto: Recensione a
MARX&SONS di Jacques Derrida<BR>A: <A
href="mailto:Undisclosed-Recipient@yahoo.com"
target=_blank>Undisclosed-Recipient@yahoo.com</A><BR>Data: Lunedì 29
dicembre 2008, 00:41<BR><BR>
<DIV>
<DIV><SPAN><FONT color=#800080
size=7><B>MARX&SONS</B></FONT></SPAN></DIV>
<DIV><SPAN><FONT face=Arial size=2></FONT></SPAN> </DIV>
<DIV><SPAN><FONT face=Arial size=2></FONT></SPAN> </DIV>
<DIV><BR><SPAN><B><FONT size=5>L'immanenza spettrale di Jacques
Derrida</FONT></B></SPAN></DIV>
<DIV><SPAN><B></B></SPAN> </DIV>
<DIV><SPAN><B></B></SPAN> </DIV>
<DIV><SPAN><B></B></SPAN> </DIV>
<DIV><SPAN><SPAN><B>Roberto Ciccarelli</B></SPAN></SPAN><BR>Il
futuro non è scritto. Probabilmente, Joe Strummer non ha mai
conosciuto, né letto, Jacques Derrida, ma è indubbio che lo slogan
più icastico, e filosofico, del punk-rock inglese, trovi risonanze
profonde in Marx&Sons. Politica, spettralità, decostruzione
(Mimesis, pp. 295, euro 22). Un libro che appare tardivamente in
Italia, tradotto a quasi dieci anni dalla sua edizione inglese, ma
che descrive con la stessa profeticità del leader dei Sex Pistols la
tonalità fondamentale del nostro tempo. Questo cortocircuito
popfilosofico non dovrebbe destare troppa sorpresa se all'elemento
fantasmatico del futuro si attribuisse il giusto riconoscimento
politico. <BR>Per Derrida, il futuro designa almeno due cose: in
primo luogo, il rischio, per chi governa, di fronteggiare un evento
imprevedibile, lo schianto delle previsioni statistiche in base alle
quali commisurare il valore del presente, le regole delle
istituzioni e dello sviluppo economico. In secondo luogo, questo
futuro rivela una carica messianica che è tutto fuorché utopica:
esso è il riferimento, nel presente, alla venuta dell'evento più
concreto, e più reale, all'alterità più irriducibilmente eterogenea.
Questa alterità è spesso confusa con la paura. Emerge di ora in ora,
dentro e fuori le borse e le banche centrali di tutto il mondo alle
prese con la terribile crisi finanziaria in corso e richiede un
atteggiamento pragmatico per cauterizzare le ferite dei capitali e
domare gli incubi dei risparmiatori. Ma se così fosse, l'alterità
sarebbe solo il servo sciocco del presente, il costante invito ad
adeguarsi a ciò che accade per evitare che la vita si scontri con il
suo peggiore fantasma: l'idea della scarsità, della morte imminente,
se non di un sistema, almeno del proprio menage
familiare.<BR>Derrida prospetta, invece, un «messianesimo senza
Messia» in cui l'alterità è un evento irriducibile alla misura del
nostro obliterato presente. Tale evento non è l'attesa della
redenzione finale, la speranza cioè che l'ultimo giorno dell'umanità
corrisponda all'avvento di un profeta, di una classe, della
giustizia universale, ma è un futuro che si libera nella vita di
ciascuno, ogni volta che si nasce, si prende la parola, si vive la
propria storia. <BR>Il marxismo, esentato una volta per tutte dalla
micidiale sanzione del socialismo reale è, ad avviso di Derrida,
quanto di meglio può tradurre l'alterità in una politica di
liberazione. Peccato, egli aggiunge, che pochi marxisti lo abbiano
compreso, preferendo la maggioranza ridicolizzare gli alleati
scomodi che rifiutano di raggiungerli nell'ortodossia del loro sonno
dogmatico. Derrida intravvede in questo marxismo un problema
filosofico che va ben oltre la sua statuarietà pietrificata. Che
fare davanti al dilemma di un'eredità che trasmette ordini
contraddittori, esprimendo da un lato la necessità storica di
un'alternativa, e rifiutando dall'altro lato la sua incarnazione in
un soggetto politico? C'è da restare sgomenti davanti a questa
spettrale coesistenza di contrari. Il filosofo francese invita però
ad ascoltare quanto di vero dice il fantasma di Marx che si rivolta
contro i membri della propria famiglia, invitando i marxisti a
liberarsi da ciò che amano, la genealogia dei padri, e ad essere
figli responsabili di un'eredità che può vivere solo a condizione di
essere reinventata. <BR>Non si tratta dunque di rimuovere le classi
sociali nazionali o internazionali, le lotte politiche all'interno
di uno stato-nazione, i problemi di nazionalità e di cittadinanza,
la strategia dei partiti a favore di un cosmopolitismo ingenuo che
relativizza le appartenenze e i conflitti, come molti hanno
sostenuto dopo la lettura di Spettri di Marx nel 1993. Nel saggio
conclusivo di Marx&Sons, Derrida sostiene che per
«ripoliticizzare» l'eredità marxiana bisogna chiarire che oggi
l'impegno politico dipende, in ogni istante, da una nuova
valutazione della situazione singolare. <BR>Ciò che in realtà
Derrida prospetta in questo passaggio è il superamento di uno dei
fondamenti della cultura del Novecento: il legame tra l'ontologia e
la politica, in altre parole l'idea che ad una decisione politica
corrisponda l'esistenza di un soggetto universale, ontologicamente
fondato su un'appartenenza generale o su un'identità universale,
sempre uguale a se stesso e detentore di un universalismo capace di
trasformare il mondo a misura della propria volontà. Così facendo,
Derrida eleva il marxismo a principale destinatario della politica
che ha rotto con ogni sanzione trascendente, anche quella che
proviene dalla propria tradizione, e si trova riassorbita nel più
vasto progetto di un'immanenza assoluta in cui ciascuno è parte
della propria storia, non appendice dell'eredità altrui. <BR>Per
ricamminare sulle proprie gambe, il marxismo dovrebbe dunque rompere
ciò che Antonin Artaud ha definito il «periplo idiota» che lega i
padri ai figli, e i fratelli ai fratelli, rendendosi protagonista di
una filiazione orfana in cui il dovere del ricordo non deve
sostituire l'esercizio del pensiero o l'esperienza della propria
vita. La nostra eredità non è preceduta da nessun testamento, ha
scritto il poeta René Char. Per questa ragione, il testo del futuro
resta ancora da scrivere. </DIV>
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href="http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20081219/pagina/13/pezzo/237659/"
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