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<DIV class=OutlookMessageHeader lang=it dir=ltr align=left><FONT face=Tahoma
size=2></FONT></DIV><FONT size=2><FONT size=2><FONT color=#0000ff><SPAN
style="FONT-STYLE: italic">Le industrie siderurgiche hanno accumulato profitti
incredibili negli ultimi anni e adesso fanno la gara per mandare operai in cassa
integrazione e si lamentano di non poter migliorare gli
impianti...</SPAN><BR><SPAN style="FONT-STYLE: italic">Ma possiamo ancora
accettare questa presa in giro?</SPAN><BR></FONT></FONT><BR>Luca Davi, Sole
24h</DIV>
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<P><BR>Un New Deal per rilanciare il comparto siderurgico italiano, che
comprenda la realizzazione di infrastrutture pubbliche e un piano di aiuti al
sistema manifatturiero. È quello che chiedono a gran voce al Governo le imprese
siderurgiche nazionali, riunite in Federacciai, per non rimanere schiacciate
sotto il peso di una crisi che, negli ultimi mesi, ha fatto crollare ordinativi
e prezzi. Non a caso, il comparto, secondo le stime, nel primo trimestre 2009
sarà costretto a tagliare la produzione del 30% per adeguare l'offerta a una
domanda oramai in caduta libera a causa della crisi dell'auto, degli
elettrodomestici e dell'edilizia. Ma il contraccolpo più grave sarà
sull'occupazione: gran parte delle 160 aziende italiane del settore dovranno
infatti ricorrere alla cassa integrazione guadagni. Uno strumento che, entro
marzo, avverte Giuseppe Pasini, presidente della Federazione, interesserà «tra i
15 e i 17mila lavoratori».<BR><BR>È un quadro a tinte fosche quello che
tratteggiano i protagonisti della siderurgia italiana, riuniti ieri a Brescia
per la presentazione di Made in Steel, la manifestazione internazionale che si
terrà dal 18 al 20 marzo dedicata alla filiera dell'acciaio. Tagli della
produzione, riduzione dei costi, riorganizzazioni interne: nulla, allo stato
attuale, sembra far vedere una luce in fondo al tunnel della crisi. «A partire
da ottobre il mondo è cambiato. Uscivamo da diversi anni di crescita
ininterrotta, quando abbiamo assistito al progressivo stop degli ordinativi.
Negli ultimi due mesi dell'anno e a gennaio la débacle è stata
completa».<BR><BR>Se ci si guarda indietro l'unico dato positivo arriva
dall'aumento dell'export, che nei primi undici mesi del 2008 è aumentato del
15,4%, e dal contemporaneo calo dell'import, ridotto del 16%. Tuttavia la
frenata della domanda da parte dei produttori automobilistici (che assorbono
circa il 40-50% dell'output siderurgico italiano), il cedimento della domanda di
acciai per opere infrastrutturali e la discesa degli ordinativi dell'industria
degli elettrodomestici solo in ottobre hanno fatto frenare la produzione
italiana del 12,2%, annullando così la crescita che si era registrato fino ad
allora. Già allarmate da previsioni che annunciano un 2009 peggiore – e di molto
– del 2008, le imprese siderurgiche italiane si rivolgono al Governo.
«Apprezziamo l'idea di concedere aiuti al settore auto – continua Pasini –, però
crediamo non basti: così come hanno già fatto, e in misura più significativa,
Germania e Francia, anche l'Italia deve varare un pacchetto di rilancio per
l'intero settore manifatturiero con incentivi alle aziende e ai
consumi.<BR><BR>Contemporaneamente, bisogna avere il coraggio di avviare quelle
opere infrastrutturali di cui il Paese ha bisogno». Nel frattempo la misura
d'urgenza passa attraverso il taglio dei costi, con la messa in cassa
integrazione di circa «15-17mila lavoratori sui 60mila che il settore assorbe in
via diretta». Un provvedimento d'urgenza che peraltro nelle scorse settimane è
stato già annunciato da colossi come Ilva e Lucchini. La speranza è che qualche
segnale di ripresa cominci così ad arrivare «già nel secondo semestre del 2009»,
conclude Pasini.<BR><BR><SPAN style="FONT-WEIGHT: bold">La crisi, sia chiaro,
tocca tutti i maggiori colossi siderurgici mondiali, che da settimane continuano
ad annunciare tagli alla produzione e al personale. E in questo contesto,
l'industria italiana, seconda in Europa per output, rimane tra le più solide:
cinque anni di crescita a doppia cifra, l'aumento dell'export e la forte
riduzione del debito hanno permesso di rafforzare la patrimonializzazione. Per
questo, avverte Antonio Marcegaglia, amministratore delegato, assieme alla
sorella Emma, dell'omonimo gruppo siderurgico, il settore avrà ossigeno almeno
per «qualche trimestre». Non molto, ma abbastanza per sperare di uscire dal
guado.</SPAN></P></DIV></FONT></DIV>
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