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<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif">Tre articoli dal Manifesto del 13
febbraio, inviati in ritardo, per chi li avesse persi</FONT></DIV>
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<DIV><SPAN class=grey-l><SPAN class=grey><FONT face="Microsoft Sans Serif"
color=#ff0000 size=7>Tutti i tagli della Gelmini</FONT></SPAN></SPAN></DIV>
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<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif"><SPAN class=grey-l><STRONG>di Stefano
Milani, Giacomo Russo Spena - ROMA</STRONG></SPAN><BR><SPAN class=grey-l>Meno
materiale didattico, laboratori, biblioteche e personale. La Cgil va in piazza e
denuncia gli scempi della riforma dell'istruzione. Per il sindacato ci sarebbero
problemi addirittura per il funzionamento ordinario degli
istituti</SPAN><BR>Tagli, tagli e ancora tagli. L'ultimo progetto del ministro
Maria Stella Gelmini di privare le scuole dei fondi per il funzionamento
didattico e amministrativo dà il colpo mortale agli istituti che dovranno
fronteggiare vere e proprie emergenze, come la mancanza di materiale didattico,
laboratori, biblioteche e carenze del personale. Qualche scuola rischia
addirittura la chiusura. Ieri la prima reazione con un sit-in a Roma sotto il
palazzo dell'Istruzione promossa da Flc-Cgil, assieme al Cgd, alla Rete degli
studenti e all'Uds.<BR>Svetta il cartello «AAA svendesi scuola, rivolgersi
fondazione Tremonti-Brunetta-Gelmini», subito dietro lo striscione «Non rubateci
il futuro» del coordinamento genitori-maestre della scuola ribelle Iqbal Masih.
Intanto gli studenti dell'Uds volantinano per una nuova mobilitazione nazionale
il 27 febbraio contro gli «scempi» del governo. Ma a gestire la protesta è Mimmo
Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil, il quale dichiara dal megafono:
«Siamo venuti qui per sollecitare l'immediato trasferimento di risorse
finanziarie per poter svolgere le attività ordinarie della scuola». <BR>Che la
situazione sia ad un passo dal baratro non bisogna essere dei geni in
matematica. Perciò, aggiunge Pantaleo, «chiediamo che si traduca in fatti
l'annunciato trasferimento da parte del dicastero dell'Economia dei 57 milioni
di euro da destinare ai corsi di recupero e reclamiamo le somme necessarie a far
fronte agli oltre 200 milioni di debiti pregressi che gravano sulle scuole e che
stanno provocando forti disagi per il mancato pagamento delle supplenze, per
l'avvio delle attività di recupero, arrivando fino al pignoramento in alcuni
istituti e al coinvolgimento dei genitori nelle spese scolastiche». Per non
parlare della soppressione delle seconda lingua e delle supplenze brevi non
pagate. Non ci sono molte alternative: «Servono risorse aggiuntive altrimenti
non potrà essere garantito il diritto allo studio», conclude Pantaleo.
Obiettivo, arrivare a fine mese a un tavolo interministeriale, oltre Gelmini la
vicenda riguarda anche Sacconi, Brunetta e Tremonti. <BR>In piazza qualcuno è
ottimista, convinto che i tagli alla fine rientrino. E' il caso di Mario
Lombardo, preside della scuola elementare romana Franceschi, dove i tagli (e la
successiva fine delle compresenze) rischiano di spezzare quel processo
d'integrazione tra bimbi italiani e stranieri intrapreso anni fa con grande
soddisfazione: «Sarebbe un'assurdità togliere tanti soldi agli istituti - dice
il preside - si rischierebbe inoltre l'aumento della dispersione scolastica». Le
sue speranze crollano dopo che la delegazione dei manifestanti ricevuta dal
ministro Gelmini riferisce alla piazza l'esito dell'incontro. E non è un bel
sentire. Se per le supplenze 2008-2009 sembra esserci la copertura finanziaria,
il problema del funzionamento ordinario, secondo quanto riferito dai
rappresentanti sindacali, non è stato affatto risolto.<BR>E così, taglio dopo
taglio, già siamo a meno 200 milioni sottratti in un solo anno dal governo
Berlusconi alla (sempre più) povera scuola italiana. Ma il problema non è solo
l'azzeramento dei fondi. La forbice di Gelmini si abbatte con la stessa forza
distruttrice anche contro i lavoratori, meglio se precari. Secondo la Uil a
rischio ci sono ventottomila posti di lavoro: nel 2007 circa 8.600 insegnanti
non sono state confermate nelle nomine, nel 2008 sono state 11.628. Per il
prossimo anno scolastico poi, la riduzione di organico prevista dalla legge
133/08 è ancora più allarmante: circa 43.000 docenti. Con la percentuale di
precari a rischio posto di lavoro è pari al 15%. Di fatto, in poco meno di tre
anni, si sono ridotti gli effetti delle ultime immissioni in ruolo del 2006 e
oggi lavorano nella scuola oltre 130mila insegnanti precari.<BR>E a pagare di
più saranno, tanto per cambiare, i precari. Basti pensare che le supplenze
annuali e quelle fino al termine delle attività didattiche, fa sapere la
Flc-Cgil, sono 72.460 tra il personale Ata e 113.540 tra i docenti. Il grosso
dei tagli riguarderà proprio loro oltre a determinare un gran numero di
personale di ruolo in esubero soprattutto nelle aree meridionali. A queste va
aggiunta la difficile situazione delle scuole per il mancato trasferimento dei
finanziamenti per le attività ordinarie, per le supplenze, per le attività di
recupero dei debiti formativi, e la frittata è completa. </FONT></DIV>
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<DIV><BR><SPAN class=grey><B><FONT color=#ff0000 size=6>ECCO GLI EFFETTI DELLA
MANNAIA</FONT></B></SPAN></DIV>
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<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif"><SPAN class=grey></SPAN><SPAN
class=grey-l><B>di Giuseppe Caliceti</B></SPAN><BR></FONT><FONT
face="Microsoft Sans Serif"><EM>In queste settimane, quando un docente si
ammala, la supplente non è nominata. Cosa fanno alunni e studenti? Sono
"spalmati" sulle altre classi. A far che? Ad attendere che il tempo passi e
suoni la campanella. Mi chiedo: ma i loro genitori lo sanno? Qualcuno per
correttezza li avverte? I tagli della Gelmini iniziano a farsi sentire. Non era
mai successo nella storia della scuola italiana che venissero a mancare agli
istituti scolastici i finanziamenti per la "dotazione ordinaria". È accaduto.
Gelmini si vantava recentemente di voler creare una scuola senza carta. È la
scuola di queste settimane: senza carta igienica e carta per le fotocopie, senza
fondi. Neppure per le supplenze. Di fronte al "ritardo" delle procedure per il
reperimento delle necessarie risorse, Gelmini invita le istituzioni scolastiche
a procedere alla predisposizione del Programma annuale 2009 anche senza fondi.
Ridicolo. <BR>Come? Chiedendo i soldi a chi? Agli studenti? I dirigenti
scolastici di tutta Italia non sanno più che fare, da Milano a Palermo. Gelmini
non risponde. Anzi, continua a pontificare come se i soldi ci fossero. Non ci
sono i corsi per i recuperi? Gelmini sorride e dice: pagate i prof privati.
Un'assurdità. Una svista del ministero, evidentemente. Perché la legge sui corsi
di recupero è rimasta, ma quest'anno non è stata finanziata. Così le scuole,
dopo gli scrutini del primo quadrimestre, hanno l'obbligo di organizzare corsi
di recupero per tutti i ragazzi che hanno riportato insufficienze in una o più
materie, ma non sanno come, senza fondi. Per evitare ricorsi da parte delle
famiglie ci sono due alternative. Utilizzare i finanziamenti Idei, cioè quelli
degli Interventi didattici educativi ed integrativi, comunque insufficienti. O
interrompere le normali attività didattiche. Ma in questo che fanno i ragazzi
senza materie da recuperare? Scriveranno messaggini al ministro?</EM>
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</FONT></FONT><FONT face="Microsoft Sans Serif"><BR><BR><SPAN
class=grey><B><FONT color=#ff0000 size=6>Il pericolo di un accordo
bipartisan</FONT></B></SPAN></FONT></DIV>
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<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif" color=#ff0000 size=6><SPAN
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<DIV><FONT face="Microsoft Sans Serif"><SPAN class=grey><SPAN class=grey-l><B>di
Marina Boscaino</B></SPAN></SPAN><BR>I 22 articoli del disegno di legge Aprea,
fermo in VII Commissione alla Camera, si articolano soprattutto su 2 temi:
l'autogoverno della scuola e la condizione dei docenti. Le scuole vengono
trasformate in fondazioni, istituti di diritto privato. Infatti lo Stato
garantisce loro una cifra fissa e identica per tutte, ma le aziende o gli enti,
associazioni o utenti potranno contribuire con finanziamenti. Tale condizione -
tra tutti i possibili scetticismi rispetto alle concrete velleità di entrare
come finanziatori di un'istituzione scolastica - configura la possibilità non
solo di privatizzare qualunque scuola, ma di creare immense disparità tra
istituti, a seconda del livello ordinamentale, dell'utenza, della collocazione
nel territorio. Al consiglio di istituto - attraverso una rivisitazione dei
decreti delegati - verrà sostituito un consiglio di amministrazione (nel quale
non sono più compresi gli Ata), di cui farebbero parte rappresentanti degli enti
locali e del mondo del lavoro e delle professioni. Non è un caso che questo
percorso (di cui non è difficile individuare, oltre che le criticità rilevate, i
danni in termini di ingerenza sulla libertà di insegnamento) rappresenta una
mano tesa verso Confindustria, che a più riprese ha avallato e richiesto una
simile trasformazione. La carriera dei docenti - la cui formazione iniziale è
concepita sul modello 3+2, con un corso universitario caratterizzato per il 75%
da crediti di tipo contenutistico-disciplinare e solo per il 25% di tipo
relazionale, didattico, pedagogico, cui seguirà un anno di tirocinio validato
dal giudizio del dirigente, dopo il quale il candidato potrà iscriversi ad un
albo rigorosamente regionale - sarà articolata in 3 livelli: iniziale, ordinario
ed esperto. Gli aumenti stipendiali saranno vincolati all'anzianità e
all'appartenenza al singolo livello, determinato da concorsi banditi dai singoli
istituti. Si propone così, oltre che un aggravio di lavoro difficilmente
gestibile dalle segreterie, un sistema di reclutamento improntato a "cordate"
interne più i meno di potere, meccanismo non dissimile da quello che il centro
destra ha sbandierato di voler debellare all'università. Infine, spariranno le
Rappresentanze sindacali unitarie e per i docenti verrà istituita una specifica
area contrattuale. Il fatto che le politiche sull'istruzione del centro destra
non si limitino semplicemente in un - seppur allarmante e drammatico -
disinvestimento economico e culturale, che culmina negli otto milioni di tagli
alla scuola e nell'annullamento di più di centotrentamila posti di lavoro, è
chiaro più che mai. Perché qui si accompagna il desolante passaggio dalla scuola
della Repubblica (statale, laica, pluralista, inclusiva) alla scuola privata
(confessionale, aziendalista, esclusiva, "omologata"). Qui si vanno a minare
definitivamente le basi dello stato sociale come frutto del patto di solidarietà
che sta alla base della Carta, e si scongiura ogni possibilità di affidare alla
scuola funzioni emancipanti rispetto alle condizioni socioeconomiche di partenza
di tutti e di ciascuno. <BR>Il sospetto stazionamento prolungato del disegno di
legge può essere letto da differenti punti di vista. Conflitti interni a Forza
Italia: la sconfitta di Valentina Aprea, responsabile scuola nazionale,
dirigente scolastico e ministro in pectore, nella corsa alla poltrona di viale
Trastevere a vantaggio della neofita e incompetente Maria Stella Gelmini, fu
bruciante. Tanto più che Gelmini si era segnalata pubblicamente solo per una
proposta di legge presentata il 5 febbraio 2008 alla Camera - "Per la promozione
e l'attuazione del merito nella società, nell'economia e nella pubblica
amministrazione": una beffa da una come lei che, nata e vissuta in Lombardia, ha
acquisito il titolo di avvocato solo dopo un fittizio trasferimento a Reggio
Calabria. Oppure, come sostengono altri, la lentezza dell'iter potrebbe essere
dovuta alla volontà di far convergere in un unico testo proposte provenienti
anche dalla cosiddetta opposizione. Considerando che le leggi su parità e
autonomia scolastica furono licenziate dal centrosinistra; che l'idea delle
scuole fondazioni era contenuta nel decreto Bersani del 2007; che la riforma del
Titolo V della Costituzione e l'astensione dal voto dimostrano che federalismo,
regionalizzazione e sussidiarietà sono principi condivisi anche dal chi dovrebbe
opporsi alla deriva mercantilistica, aziendalista e privatistica configurata
dalla proposta Aprea, non disperiamo che il progetto bipartisan possa riuscire.
Aggravato dalla notizia ventilata che Gelmini potrebbe essere candidata alle
Europee; in quel caso Aprea, sebbene titubante, potrebbe succederle, alimentando
il dilemma se sia meglio un'incompetente yes woman di una competente jihadista
del mercato. Prima di adattarci a intonare il requiem annunciato per la scuola
della Repubblica, degli art.3, 33 e 34 della Costituzione, tentiamo di fare
qualcosa. Il pericolo è enorme. </FONT></DIV>
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