[aha] riflessioni su AHA
T_Bazz
t_bazz a ecn.org
Lun 1 Mar 2010 16:02:15 CET
Ciao,
nell'ottica di pensare a un immaginario di AHA che ci appartiene, mi
sembra interessante riportare il testo originario con cui e' nato il
progetto, nel lontano 2001. Puo' essere una base su cui discutere, per
capire cosa e' cambiato da allora (e di cose ne sono cambiate
parecchie...e' un testo in parte molto datato e non rappresenta
completamente quella che sono oggi, pur se mi sento ancora vicina alle
motivazioni della sua nascita).
Era il testo di presentazione di una mostra che ho curato nel
febbraio-marzo 2002, dal nome appunto, AHA: Activism-Hacking-Artivism e
che, dopo la tragedia di Genova, voleva riflettere su un'idea critica
dei media attraverso l'interconnessione dei concetti di attivismo
politico, tecnologico e artistico (da qui l'idea di AHA).
Il progetto nasceva dalla mia esperienza con Strano Network di Firenze e
AvANa di Roma.
Poi successivamente e' nato il sito e la lista AHA...
http://www.strano.net/bazzichelli/aha_project.htm
mi sembra interessante soprattutto la prima parte, che copio e incollo.
Credo che sia importante postarlo qui di nuovo e vedere come
"smembrarlo", deturnarlo, insomma pensare a un immaginario nuovo che
possa magari partire da questo (oppure no?), per prendere nuove vie :)
non per "paternalismo" - spero che non fraintendiate-, ma per partire
dalle roots e arrivare a creare nuovi germogli --- che non dipendono
piu' dalla sottoscritta, e questo mi rende molto felice :)
A voi!
Baci,
T_Bazz
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Progetto Mostra/Evento AHA
Activism-Hacking-Artivism
(Dicembre 2001)
a cura di Tatiana Bazzichelli
Museo Laboratorio d'Arte Contemporanea
Roma, 08 febbraio - 01 marzo 2002
1. Introduzione
In questa schermata si presenta il progetto per la realizzazione della
mostra-evento presso il MLAC (Museo Laboratorio d'Arte Contemporanea)
dell'Università La Sapienza di Roma, la cui inaugurazione è prevista il
giorno 8 febbraio 2002, ore 18.00.
Titolo del Progetto:
AHA: Activism, Hacking, Artivism
Making Art Doing Multimedia
2. L'idea
Punto di partenza di questa riflessione sono le manifestazioni di luglio
contro il vertice del G8 di Genova, insieme alle proteste avvenute negli
ultimi mesi ad opera di un movimento che contesta i meccanismi di
progressiva "commercializzazione" dei diritti umani, attuati nell'ottica
di un paventato benessere mondiale. Anche se apparentemente ciò che è
rimasto a testimonianza di quei giorni è stata una dura repressione,
numerosi episodi di violenza e l’offuscamento degli obiettivi portati
avanti dai Forum Sociali, in realtà è emerso un importante fattore:
la capillare capacità del movimento di portare avanti le proprie idee
attraverso un uso consapevole e autogestito dei media.
Gli stessi media ufficiali hanno in prima istanza attinto ai media
indipendenti per avere il proprio materiale da diffondere, la presenza
di numerose telecamere amatoriali durante le manifestazioni ha
evidenziato il bisogno-desiderio di riportare certi avvenimenti
attraverso un occhio critico e non strumentalizzato. Anche per chi non è
stato presente ai cortei c’è stata la possibilità di seguire in tempo
reale gli avvenimenti, attraverso alcuni siti internet (per es.
Indymedia Italia, Isole nella Rete, Tactical Media Crew), un circuito di
radio indipendenti (Radio GAP), e questo è avvenuto con pochi mezzi a
disposizione e secondo modalità comunicative diffuse in maniera capillare.
Oggi tutto questo è una realtà, ma la capacità di autogestire
consapevolmente i media, in maniera indipendente e dal basso, non è una
novità di questi mesi. Già dagli anni Settanta, ma in Italia soprattutto
dagli anni Ottanta, nei circuiti di movimento si è portato avanti il
discorso di collettivizzare la tecnologia e di produrre informazione dal
basso: processo nato con la diffusione delle macchine fotocopiatrici che
ha permesso di realizzare le fanzine autogestite, con la diffusione dei
computer e del modem che ha portato alla nascita delle prime BBs
amatoriali, con lo sviluppo della tecnologia digitale che ha portato
alla progressiva integrazione dei mezzi audio, video e rete.
E partendo da questa integrazione mediatica nei circuiti di
comunicazione indipendente nasce l’idea di realizzare una mostra, che
più che una mostra vuole essere un processo aperto, in cui vengono
associati percorsi collettivi che sfruttano attivamente i media, al fine
di presentare la realtà del presente attraverso un occhio vigile, un
occhio che cerca di costruire azioni invece che rappresentazioni del
reale. Un discorso che vuole favorire una riflessione sull’attuale uso
autogestito dei media, voltandosi anche verso il decennio passato,
fondamentale per porre le basi delle pratiche di oggi.
Il discorso dell’uso critico e autogestito dei media riporta
direttamente al panorama della sperimentazione artistica che fa uso del
digitale. Non più opere ma processi, non più staticità ma impermanenza,
non più originalità ma riproducibilità, non più rappresentazione di un
unico genio ma azione collettiva. Interazione, contaminazione, processi
aperti, pratiche reali. Discorsi collettivi che mettono in relazione
diverse entità non guidate dalla logica del profitto, non rappresentate
da slogan etichettanti, ma dall’idea che è possibile farsi la propria
comunicazione e che la tecnologia è facile. Che è spesso è più
costruttivo essere artigiani invece di artisti. E che la tecnologia,
come l’arte, può essere criticizzata, guardata dall’interno, smontata e
rimontata secondo combinazioni inedite, hackerata per produrre azioni e
re-azioni. L’arte è facile, la tecnologia è facile.
Il concetto di arte si sposta verso quello di pratica reale, in cui si
punta a creare contesti di scambio accessibili a tutti coloro che
concepiscono come prioritario l’agire sul rappresentare. Per questo il
visual del Progetto è il tubetto della colla di qualche tempo fa
chiamata UHU, sigla trasformata in AHA, che sta per Activism, Hacking,
Artivism per ricordare il concetto di costruire, fare, creare con le
proprie mani da zero: Making Art Doing Multimedia.
Questo evento, quindi, vuole mettere in luce come, attraverso il
concetto di autogestione mediatica, si possa organizzare la propria
mappa critica della realtà, originando processi artistici contaminabili
e strategie comunicative capaci di fare autonomamente informazione.
3. Mediattivismo: Performance + Video + Radio + Rete + Testi
Partendo dal presupposto che oggi più che mai la realtà sociale è
interpretabile attraverso i meccanismi di costruzione dell’immaginario e
che i processi economici e politici sono strettamente correlati alla
rappresentazione mediatica di questa realtà, si vuole presentare un modo
di fare informazione al di fuori delle logiche di profitto, e di
conseguenza un modo diverso di affrontare il presente. E questo è
possibile andando ad agire direttamente all’interno dei circuiti
mediatici e all’interno delle stesse strategie comunicative,
comprendendone la logica e appropriandosene in maniera critica.
Nell’ambiente espositivo sarà evidente l’integrazione fra i diversi
media, utilizzati secondo modalità collettive e autogestite.
L’integrazione di opere video, progetti in Rete, trasmissioni radio,
selezione di testi sul mediattivismo, il tutto armonizzato in un
ambiente "percettivo" a cura della compagnia teatrale Neguvon, renderà
evidente il concetto di fare network.
Network come capacità di utilizzare la tecnologia per portare avanti
progettualità integrate, che vadano ad agire direttamente nei meccanismi
di costruzione dell’informazione, e di conseguenza, capaci di agire nei
circuiti di produzione degli equilibri/squilibri sociali.
4. Il progetto
L’idea cardine di questo progetto è portare la sperimentazione creativa
all’interno della vita reale, le dinamiche collettive, l’impegno sociale
e politico, superando i concetti di originalità artistica e immobilità
da collezionare…e nello stesso tempo portare tutto questo in un museo
per dimostrare che i luoghi di produzione della cultura sono
altrove…portare la vita dentro un museo per aprirne non solo le porte ma
anche le mura.
Aprire un museo alle relazioni collettive e ad un tipo di arte
impossibile da mercificare, proprio perché supera la stessa idea di
arte, ma si fa network di entità autonome, che oggi sono qui, domani
sono già in mutazione, come del resto muta la nostra stessa esistenza.
Ciò che è esposto in un museo è la conseguenza di tali processi vitali:
con questo progetto si vuole portare questi processi dentro un museo,
perché è con il fare, l’azione, le pratiche reali che si genera il nuovo.
I gruppi coinvolti nel progetto sono tutti attualmente attivi
nell’ambito dei circuiti indipendenti e condividono la medesima
attitudine all’autogestione della tecnologia e dei mezzi di
comunicazione, per proporre una visione critica del reale in cui
riconoscersi. Azioni oltre le rappresentazioni, processi creativi aperti
e condivisibili.
I collettivi coinvolti costituiscono un network di entità indipendenti e
agiscono attivamente nell’ambito mediatico, tecnologico e artistico: il
progetto nasce con l’idea di dare forma a tale network all’interno del
MLAC, integrando video, rete, radio e testi scritti. Questo per favorire
la riflessione su tale pratiche e rendere evidente la loro forza
sperimentativa e mediatica. Soprattutto perché attuate con mezzi poveri
e secondo dinamiche autogestite.
Ogni media utilizzato scorre su un triplo binario attraverso cui dare
voce alle forme dell’autogestione: l’attivismo politico (Activism),
l’attivismo tecnologico (Hacktivism), l’attivismo artistico (Artivism).
Aldilà di ogni sterile classificazione, queste componenti risultano
strettamente integrate in forma di network, proprio per le loro costanti
contaminazioni reciproche. Ciò che si vuole mettere in luce è la
commistione continua fra attivismo politico, hackeraggio e arte intesa
come pratica reale.
continua su:
http://www.strano.net/bazzichelli/aha_project.htm
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