[aha] il ministero degli Interni italiano ha ottenuto dai vertici di Facebook le chiavi per entrare nei profili degli utenti anche senza mandato della magistratura
agne se
aaagneees a gmail.com
Dom 7 Nov 2010 19:58:45 CET
http://www.grnet.it/news/95-news/1968-facebook-il-ministero-degli-interni-ha-ottenuto-le-chiavi-per-entrare-nei-profili.html
*Senza dirlo a nessuno il ministero degli Interni italiano ha ottenuto dai
vertici di Facebook le chiavi per entrare nei profili degli utenti anche
senza mandato della magistratura. Una violazione della privacy che farà
molto discutere*.
Negli Stati Uniti, tra mille polemiche, è allo studio un disegno di legge
che, se sara approvato dal Congresso, permettera alle agenzie investigative
federali di irrompere senza mandato nelle piattaforme tecnologiche tipo
Facebook e acquisire tutti i loro dati riservati.
In Italia senza clamore, lo hanno già fatto. I dirigenti della Polizia
postale due settimane fa si sono recati a Palo Alto, in California, e hanno
strappato, primi in Europa, un patto di collaborazione che prevede la
possibilità di attivare una serie infinita di controlli sulle pagine del
social network senza dover presentare una richiesta della magistratura e
attendere i tempi necessari pei una rogatoria internazionale. Questo perchè,
spiegano alla Polizia Postale, la tempestività di intervento è fondamentale
per reprimere certi reati che proprio per la velocita di diffusione su
Internet evolvono in tempo reale.
Una corsia preferenziale, insomma, che potranno percorrere i detective
digitali italiani impegnati soprattutto nella lotta alla pedopornografia, al
phishing e alle truffe telematiche, ma anche per evitare inconvenienti ai
personaggi pubblici i cui profili vengono creati a loro insaputa. Intenti
forse condivisibili, ma che di fatto consegnano alle forze dell'ordine il
passepartout per aprire le porte delle nostre case virtuali senza che sia
necessaria l'autorizzazione di un pubblico ministero. In concreto, i 400
agenti della Direzione investigativa della Polizia postale e delle
comunicazioni potranno sbirciare e registrare i quasi 17 milioni di profili
italiani di Facebook.
[image: polizia_postale]Ma siamo certi che tutto ciò avverrà nel rispetto
della nostra privacy? In realtà, ormai da un paio d'anni, gli sceriffi
italiani cavalcano sulle praterie di bit. Polizia, Carabinieri, Guardia di
finanza e persino i vigili urbani scandagliano le comunità di Internet per
ricavare informazioni sensibili, ricostruire la loro rete di relazioni,
confermare o smentire alibi e incriminare gli autori di reati. Sempre più
persone conducono in Rete una vita parallela e questo spiega perche alle
indagini tradizionali da tempo si affianchino pedinamenti virtuali. Con la
differenza che proprio per l'enorme potenzialità del Web e per la facilità
con cui si viola riservatezza altrui a molto facile finire nel mirino dei
cybercop: non è necessario macchiarsi di reati ma basta aver concesso
l'amicizia a qualcuno che graviti in ambienti "interessanti" per le forze
dell'ordine.
A Milano, per esempio, una sezione della Polizia locale voluta dal
vicesindaco Riccardo De Corato sguinzaglia i suoi "ghisa" nei gruppi di
writer, allo scopo di infiltrarsi nelle loro community e individuare le
firme dei graffiti metropolitani per risalire agli autori e denunciarli per
imbrattamento. Le bande di adolescenti cinesi che, tra Lombardia e Piemonte,
terrorizzano i connazionali con le estorsioni, sono continuamente monitorate
dagli interpreti della polizia che si insinuano in Qq, la più diffusa chat
della comunità. Anche le gang sudamericane, protagoniste in passato di
regolamenti di conti a Genova e Milano, vengono sorvegliate dalle forze
dell'ordine. E le lavagne degli uffici delle Squadre mobili sono ricoperte
di foto scaricate da Facebook, dove i capi delle pandillas che si fanno
chiamare Latin King, Forever o Ms18 sono stati taggati insieme ad a ltri
ragazzi sudamericani, permettendo cosi agli agenti di conoscere il loro
organigramma. Veri esperti nel monitoraggio del Web sono ormai gli
investigatori delle Digos, che hanno smesso di farsi crescere la barba per
gironzolare intorno ai centri sociali o di rasarsi i capelli per frequentare
le curve degli stadi. Molto più semplice penetrare nei gruppi considerati a
rischio con un clic del mouse. Quanto ai Carabinieri, ogni reparto operativo
autorizza i propri militari, dal grado di maresciallo in su, ad accedere a
qualunque sito internet per indagini sotto copertura, soprattutto nel mondo
dello spaccio tra giovanissimi che utilizzano le chat per fissare gli scambi
di droga o ordinare le dosi da ricevere negli istituti scolastici. Mentre,
per prevenire eventuali problemi durante i rave, alle compagnie dei
Carabinieri di provincia è stato chiesto di iscriversi al sito di social
networking Netlog, dove gli appassionati di musica tecno si danno
appuntamento per i raduni convocando fans da tutta Europa. A caccia di raver
ci sono anche i venti compartimenti della Polizia postale e delle
comunicazioni, localizzati in tutti i capoluoghi di regione e 76 sezioni
dislocate in provincia. «Il nostro obiettivo è quello di prevenire i rave
party prima che abbiano inizio», spiegano, «e per questo ci inseriamo nelle
comunicazioni tra organizzatori e partecipanti, nei social network, nei
forum e nei biog». Così può capitare che anche chi ha semplicemente
partecipato ad una chat per commentare un gruppo musicale finisca per essere
radiografato a sua insaputa.
[image: polizia-postale-carabinieri-facebook]In teoria queste attività sono
coordinate dalle procure che conducono le indagini su singoli fatti o su
fenomeni più ampi. I responsabili dei social network non ci tengono a farlo
sapere e parlano di una generica offerta di collaborazione con le forze
dell'ordine per impedire che le loro piattaforme favoriscano alcuni delitti.
Un investigatore milanese rivela a "L'espresso" che, grazie alle
autorizzazioni della magistratura, da tempo ottiene dai responsabili di
Facebook Italia di visualizzare centinaia di profili riservati di
altrettanti utenti, riuscendo persino ad avere accesso ai contenuti delle
chat andando indietro nel tempo fino ad un anno. Chi crede di aver impostato
le funzioni di riservatezza in modo da non permettere a nessuno di vedere le
foto, i post e gli scambi di messaggi con altri amici, in realtà, se nel suo
gruppo c'e un sospetto, viene messo a nudo e di queste intrusioni non verrà
mai a conoscenza.
E non sempre l'autorità giudiziaria viene messa al corrente delle modalità
con cui vengono condotte alcune indagini telematiche. Un ufficiale dei
Carabinieri, che chiede di rimanere anonimo, ammette che certe violazioni
della legge sulla riservatezza delle comunicazioni vengono praticate con
disinvoltura: «Talvolta», spiega l'ufficiale. «creiamo una falsa identità
femminile su Fb, su Msn o su altre chat, inseriamo nel profilo la foto di un
carabiniere donna, meglio se giovane e carina, e lanciamo l'esca. II nostro
carabiniere virtuale tenta un approccio con la persona su cui vogliamo
raccogliere informazioni, magari complimentandosi per un tatuaggio. E in men
che non si dica facciamo parte del suo gruppo, riuscendo a diventare "amici"
di tutti i soggetti che ci interessano». Di tutta questa attività, spiega
ancora l'ufficiale, «non sempre facciamo un resoconto alla procura e nei
verbali ci limitiamo a citare una fantomatica fonte confidenziale». Da oggi,
in virtù dell'accordo di collaborazione con Mark Zuckerberg siglato dalla
Polizia, chi conduce queste indagini potrà fare a meno di avvisare un
magistrato perchè «la fantasia investigativa può spaziare», prevede un
funzionario della Polposta, «e le osservazioni virtuali potranno essere
impiegate anche in indagini preventive». (*L'Espresso*
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